Indice generale

PSICOANALISI NEOFREUDIANA

A cura dell' International Foundation Erich Fromm
Periodico quadrimestrale
anno XX numero 2 speciale
Registrato al Tribunale di Prato il 01/06/1988 al n. 133
Comitato Scientifico - Coordinatore: Irene Battaglini

Stampato in proprio - diffusione via Web
Direttore Responsabile: Ezio Benelli
Editing: Irene Battaglini
Polimnia - Musa della narrazione


ANATOMIA DELLA DISTRUTTIVITÀ UMANA

Atti del Convegno "Anatomia della distruttività umana – da Fromm all'11 settembre 2001"

Firenze, 7 Dicembre 2002 – Auditorium della Regione Toscana

A cura di Ezio Benelli

La manifestazione è stata realizzata con il contributo di:

FONDAZIONE MONTE DEI PASCHI DI SIENA

E con il patrocinio di

REGIONE TOSCANA

COMUNE DI FIRENZE

ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA REGIONE TOSCANA

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Indice

Saro Brizzi
LE MATRICI DINAMICHE DEL PENSIERO DISTRUTTIVO

Vinicio Serino
AGGRESSIVITÀ E VALORI INIZIATICI

Alida Cresti
APOCALISSI DEL TERZO MILLENNIO: L'IMMAGINARIO DELLA PAURA E DELLA COLPA

Pierangelo Sardi
GUIDA AGGRESSIVA: CORAGGIO O PAURA

Giordano Biserni
LA STRADA: UN PALCOSCENICO PER MOLTI RUOLI, MA L'AGGRESSIVITÀ È SEMPRE PIÙ SULLA SCENA

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ERICH FROMM, L'AGGRESSIVITÀ UMANA E LA VIA INIZIATICA AL CAMBIAMENTO

Vinicio Serino
Università degli Studi di Siena

CIVITAS DIABOLI, CIVITAS DEI

In chiusura del suo celebre lavoro dedicato alla "Anatomia della distruttività umana", Erich Fromm opera una sorta di bilancio del suo lungo ed articolato studio. Bilancio amaro dal momento che, al termine del proprio excursus storico-sociale, è costretto ad ammettere "che soltanto con la crescente produttività e divisione del lavoro, la formazione di ampi surplus e la costruzione di stati con gerarchie ed elites, fecero la loro comparsa la distruttività e la crudeltà su vasta scala...". Come dire allora che il male dell'uomo e nell'uomo si è sviluppato con il processo di civilizzazione e che lo stimolo all'aggressione ed alla distruttività è cresciuto quale "reazione di difesa contro le minacce agli interessi vitali dell'uomo, alla sua crescita, alla sua sopravvivenza..." 1

Ciò nonostante, continua ancora Fromm, poiché quella che viene definita "aggressione difensiva" "era relativamente limitata in certe condizioni primitive,quando nessuno poteva costituire una grande minaccia per gli altri" 2, è legittimo aspettarsi, visti gli straordinari sviluppi che l'uomo ha conosciuto nel corso della propria vicenda, radicali cambiamenti. Più precisamente, quando l'umanità avrà completato il proprio cerchio, ossia quando sarà riuscita a costruire una società al cui interno nessuno è minacciato, allora anche questi meccanismi, generati come forme di autodifesa, potranno venire, finalmente, meno. Anche se, aggiunge, realizzare un simile obiettivo appare eccezionalmente difficile per le differenze economiche, politiche, culturali e psicologiche che separano, da che mondo è mondo, gli uomini e le nazioni. Eppure, eppure, secondo Fromm, questo completamento del ciclo esistenziale è possibile. A condizione che si manifesti una "fede razionale - l'espressione è davvero suggestiva - nella capacità umana di districarsi da quella che sembra essere una fatale ragnatela di circostanze create dall'uomo" 3 . II radicalismo umanista porta Fromm a concludere che l'uomo possiede, in sé, la capacità di evitare la grande catastrofe - a cui sembrerebbe ineluttabilmente destinato - purchè in grado di avviare gli indispensabili cambiamenti, non solo in ambito politico ed economico, "ma anche nei nostri valori, nel nostro concetto di obiettivi umani, e nella nostra condotta personale" .

Occorre allora superare il cinismo dei demagoghi, irresistibilmente attratti dalla distruzione, ma anche la durezza di cuore dei leaders che, nel governo del mondo, usano solo il cervello, per l'affermazione di un "pensiero critico e radicale che darà i suoi frutti solo quando si unirà alla più preziosa qualità umana: l'amore per la vita" 4.

Con accenti non dissimili, Fromm concludeva un altro suo celebre lavoro, "Voi sarete come Dei", quando si chiedeva "se l'uomo è morto". Aggiungendo, non senza un pizzico di melanconia, che "questo è forse il problema centrale dell'uomo nella società industriale del XX secolo" 5 , giacchè egli rischia di diventare una cosa, soggiacendo completamente al processo di alienazione. Dunque è indispensabile agire se si vuole evitare che l'uomo, in quanto tale – personalmente aggiungerei in quanto cuore e ragione - soccomba. Sparisca. Mentre è indispensabile "riportar(lo)...alla vita ", operando per una "rinascita dell'umanesimo incentrata sulla realtà di valori vissuti, non di concetti e di parole" 6 .

IL LINGUAGGIO RITROVATO

Per la vita, dunque, per restituire all'individuo la sua humanitas, la sua dignità di essere che non si rassegna diventare un automa o, parafrasando Napoleone Bonaparte, carne per l'olocausto atomico.

Ho voluto rievocare le suggestioni suscitate da questi due celebri passi perché rappresentano bene l'umanesimo radicale di Fromm, la sua incrollabile fiducia nella possibilità di realizzare modelli culturali e sociali in funzione dell'uomo. E non viceversa.

Personalmente ritengo che questa convinzione - questa autentica fede laica - sia l'epigone di un lungo, articolato e complesso processo al quale altri uomini, altri pensatori, altri - orribile ma espressiva parola - intellettuali hanno, prima di lui, lungamente e duramente lavorato. Quello di Fromm si presenta dunque come una sorta di progetto costruito, o forse meglio appena abbozzato "per il bene dell'umanità"" che, appunto, viene da lontano. Ma che pure è sempre presente nel cuore dell'uomo. Un progetto, è necessario dirlo, che, almeno questa è la mia personale convinzione, è stato allestito con l'uso di un linguaggio comprensibile a chiunque - a chiunque, secondo la massima evangelica, abbia occhi per vedere ed orecchi per udire - un linguaggio che Fromm definisce, considerando l'azione esercitata dalla scienza moderna sulla dimensione del non razionalmente dimostrabile, "dimenticato".

È proprio con riferimento a questo linguaggio, il linguaggio dei miti, delle grandi storie sacre della creazione, delle origini del mondo che Fromm ha scritto un'altra delle sue pagine più alte – proprio nel solco dell'antica tradizione di humanitas - quando illustra il concetto del "simbolo universale ","l'unico in cui la relazione fra il simbolo e ciò che viene simbolizzato non è coincidente ma intrinseca ".Comune a tutti gli uomini perché "radicato nelle facoltà del nostro organismo ,nei nostri sensi, e nella nostra mente "."In verità - afferma solennemente Fromm - quello del simbolo universale è il linguaggio comune creato dal genere umano, e dimenticato prima che si fosse riusciti ad elaborare un linguaggio convenzionale universale." 7

Dimenticato? Forse dalla grande massa degli individui. Da quanti hanno cessato, più o meno volontariamente, dall'attendere con gli occhi dell'anima e gli orecchi del cuore, a quelli che, in "Voi sarete come dei ", Fromm ha definito "i problemi reali dell'esistenza umana ". Ma non da tutti. Anche molto prima del tempo di Fromm e dei suoi accorati richiami al ripristino di una genuina e feconda humanitas.

Nell'opera di un celebre pittore della mia città, Ambrogio Lorenzetti, la famosa allegoria del Buono e del Cattivo Governo ho ritrovato - o quanto meno ho avvertito la sensazione di ritrovare - il filo del ragionamento di Fromm sullo stretto rapporto che corre tra distruttività umana e processo civilizzatore, ma anche sulle concrete prospettive di rinascita che, nonostante tutto, si aprono per l'humanum genus. A condizione, appunto, che l'uomo osi pensare l'impensabile, essendo disposto ad operare su di sé, sul proprio unico ed irripetibile microcosmo, un cambiamento radicale. Che, aggiungo io, gli consenta di ritornare quello che era quando il linguaggio universale del simbolo e del mito non era stato ancora dimenticato.

Se si analizza allora l'opera di Ambrogio, il suo "straordinario" manifesto, alla luce delle considerazioni "anatomiche" di Fromm e delle prospettive di speranza che il suo umanesimo radicale offre, constateremo de visu come i risultati appaiano tutt'altro che disprezzabili.

L'assunto di Fromm - assunto dimostrato attraverso le analisi condotte sulla genesi e lo sviluppo della distruttività umana - stabiliva che la vocazione all'aggressività dell'uomo preistorico, dell'antico cacciatore-coltivatore, era minima. Mentre ottimale erano il senso di partecipazione e di collaborazione degli individui. Viceversa la situazione sarebbe radicalmente cambiata "con la crescente produttività e divisione del lavoro",ossia con la fondazione e lo sviluppo della civiltà quando, come insegna la Bibbia, i figli di Noè decisero di farsi "una città ed una torre,la cui cima arrivi fino al cielo, allo scopo di illustrare il loro "nome " (Genesi,XI,4-5). Un vero e proprio atto di superbia così sanzionato "ecco che sono un sol popolo ed hanno una stessa lingua: ed hanno cominciato a fare questa opera e non desisteranno dÀ loro disegni finché non li avranno condotti a termine. Venite dunque, scendiamo e confondiamo il loro linguaggio, sicchè l'uno non capisca più il parlare dell'altro." (Genesi,XI,5-7). È ben noto quanto successe dopo con la confusione dei linguaggi, ossia con la rottura della originale unità della cultura umana e la conseguente diaspora di popoli ai quattro angoli della terra. Dunque,all'origine di tutto, come viene enfatizzato nel testo biblico, il desiderio di costruire una città - ossia di civilizzarsi - e la volontà di realizzare una torre che giunga fino al cielo per sfidare l'Eterno e la sua imperscrutabile volontà. La civiltà presuppone il peccato di orgoglio, il più grave tra i sette capitali, perché innalza l'uomo al rango di Dio, e costituisce la base stessa della aggressività e della distruttività umana.

CARNALITÀ DEL MALE

Ambrogio Lorenzetti - come qualche secolo dopo Erich Fromm - aveva compreso tutto questo tanto da effigiarlo, in maniera straordinariamente espressiva, sulla parete di Occidente - il lato oscuro - di quella che oggi si chiama la Sala della Pace di Palazzo Pubblico, là dove realizzò la cosiddetta "Allegoria del Cattivo Governo" con gli effetti (malefici) del cattivo governo (anni 1338-1339).

La collocazione, naturalmente. non è affatto casuale ma risponde a precisi canoni di natura simbolica. Chi entra è chiamato a confrontarsi immediatamente con l'orrore del peccato e della morte. Una sorta di ammonimento che deve provocare, nell'animo dell'osservatore, un senso di timore e soprattutto di rigetto per gli effetti nefasti che la pratica del male comporta. Non un male metafisico, teorico, da peccatore singolo. Ma reale, palpabile, pubblico...La società che ne cade vittima, ci dice appunto Ambrogio, è soggetta alla rovina ed alla morte, come appunto avviene nella città in preda ai vizi, etimologicamente i difetti, ai quali si accompagnano le colpe, i delitti, che, quando trionfano, trasformano il vivere civile in un autentico inferno. Ambrogio ha dunque illustrato le cause della distruttività umana che si ritrovano appunto, potremmo aggiungere, alle radici della civiltà. È quello che ci aspetta, che aspetta l'intero ecumene se non sarà sottoscritta una pax universale; se, diremmo oggi, non saranno disciplinate scienza e tecnologia mettendole saldamente al servizio dell'umanità intera; se non si veicolerà insomma un'etica universale in grado, in forza della propria ragionevolezza virtuosa, di indurre gli uomini a comportamenti funzionali a quello che, poeticamente, potremmo chiamare "il sogno di Dio".

Ecco allora la scena in tutta la sua straordinaria crudezza. Sulla sommità dell'affresco la Superbia, dal colore rosso vermiglio, con la mano destra stretta sull'impugnatura di una spada e la sinistra su di un giogo, simbolo del peso e, soprattutto, del senso del vincolo fortissimo che quel vizio suscita in chi vi soggiace. E che lo conduce ineluttabilmente a perdere il proprio bene più grande, la libertà, la propria libertà. Nei Romanzi del Graal, apparsi circa un secolo prima dell'affresco di Ambrogio, la Superbia è il peggiore dei peccati di cui possono macchiarsi i cavalieri della Santa Cerca. Il peccato di Lucifero che volle confrontarsi col divino Artefice e che, proprio per questo, fu gettato nella Geenna Eterna dall'Arcangelo Michele al termine di un terribile combattimento nel corso del quale il terzo occhio,l'occhio di smeraldo, fu scalzato dalla testa del Ribelle. Per divenire quindi la coppa in cui Giuseppe d'Arimatea avrebbe raccolto il Sangue Reale di Cristo e dove Ermete Trismegisto avrebbe inciso le sue celebri verità. Non è forse questo il peccato luciferino di cui si continuano a macchiare leader "superuomini" che muovono la propria azione devastante di conduttori di masse in nome, appunto, di una orgogliosa volontà di potenza? E, come afferma Fromm a proposito di Hitler e della sua "aggressione maligna", si realizza concretamente nel demoniaco dittatore che, nel pensiero e nell'azione, testimonia "l'assoluta mancanza di interesse per chiunque e qualsiasi cosa non gli fosse funzionale " ed una "gelida distanza da tutto " 8 . Esattamente come una divinità lontana ed imperscrutabile.

Proprio per questo, e non a caso, la Superbia è posta immediatamente sopra alla Tirannide rappresentata come un orribile Diavolo di cui, evidentemente, ispira l'agire. Questo Diavolo, raffigurato seduto su di un trono, simbolo primo di potere, è ricoperto da una veste nera e da un mantello rosso, tipici colori infernali che evocano, appunto, il buio eterno delle tenebre ed il caldo insopportabile del Fuoco inestinguibile. Nella destra regge una coppa, sicuramente la coppa venefica, con la quale avvelena la vita di coloro che non riescono a sottrarsi al suo nefasto potere. Ai suoi piedi un caprone nero, la bestia del Sabba e delle malefiche "facitrici", le nostre familiari streghe. È il simbolo, potremmo aggiungere, della politica degradata, la politica che non conosce limiti di alcun genere e che opprime col terrore coloro che le sono soggetti. La politica, ancora una volta di Hitler, di cui Fromm ci segnala "la rabbia...alimentata dalla genuina passione per l'odio e la distruzione " 9

Ai lati della Superbia due altri vizi, l'Avarizia, anzitutto, rappresentata come un vecchio emaciato e dal volto crudele che tiene saldamente stretti nella propria destra due sacchetti pieni di monete. È l'avidità che Fromm riconduce alla categoria della "aggressione benigna ", ricomprendendola nella tipologia della "aggressione strumentale " e che rappresenta appunto "una delle più forti passioni non-istintive dell'uomo, un sintomo evidente di disfunzione psichica,di vuoto interiore, di mancanza di un centro" 10 . Tra l'altro è facilmente coglibile la comunanza etimologica tra le parole avarizia ed avidus, ambedue da riconnettersi al verbo avere, nel senso di desidero avidamente, accumulo.

Dalla parte opposta, sua speculare, la Vanagloria che perde il proprio sguardo nella profondità di uno specchio, a designare, in primo luogo, la vanità femminile. Ma anche la vanità tout court, vizio tipico, secondo il padre Dante, della gens senese. Fromm, che lo definisce narcisismo e lo riconnette alla categoria dell'aggressione benigna, ce lo presenta alla stregua di "uno stato di esperienza in cui la persona percepisce come realtà totale soltanto il suo corpo, i suoi bisogni, i suoi sentimenti, i suoi pensieri, la sua proprietà,...mentre tutto il resto non interessa,non è completamente reale..." 11 .

Ed ecco, da sinistra verso destra, assisi sul proprio scranno, come i membri di una malefica confraternita, i vizi sociali, che nulla hanno a che vedere, appunto, con i Sette Peccati Capitali della Tradizione Cristiana.

Per prima la Crudelitas, un'orrenda donna dai capelli scarmigliati raffigurata mentre brandisce un serpente contro un infante. È una rappresentazione stregonesca, un'evocazione dei malefici di quelle foeminae che usavano il grasso dei pargoli per le proprie orrende pozioni. Di lì ad un secolo Bernardino degli Albizzeschi avrebbe infiammato gli animi del popolo di Siena con le proprie prediche, attaccando quelle terribili ree di uccisioni di piccoli virgulti. Contribuendo così, e di certo non poco, a suscitare un forte senso di disapprovazione e di condanna per tutte quelle conoscenze più o meno segrete e, soprattutto, legate alla remote tradizioni del mondo pagano. Dal nostro punto di vista di uomini del XX e del XXI secolo, non si tratta forse di una appropriata rappresentazione delle crudeltà del nazismo e del sadismo delle S.S., crudeltà rinnovatesi nel terrorismo moderno che colpisce indifferentemente innocenti e simboli dell'odiato potere? 12 .

La affianca la Proditio, il tradimento, nella foggia di un uomo calmo e posato che sostiene uno straordinario animale, mezzo agnello e mezzo scorpione. Il significato simbolico è chiarissimo: l'agnello è il simbolo della purezza e dell'innocenza. Il Cristo è rappresentato, sovente, come un agnello destinato, dice il Vangelo, a muoversi in mezzo a lupi famelici. Ma il corpo di quel tenero animale termina col pungiglione avvelenato dello scorpione, bestia pericolosissima perché capace di colpire da dietro, astutamente avvalendosi della propria coda intinta di veleno. Il Tradimento si consuma quando il tradito non se lo aspetta perché, appunto, accoglie a braccia aperte e senza alcuna precauzione il falso agnello che non lo ricambierà col suo dolce belìo ma con un mortale colpo di coda avvelenata. Anche qui Lorenzetti precorre Fromm quando quest'ultimo nota come l'essere malvagio non porta "il segno di Caino come una specie di stella in fronte, in modo che tutti possano riconoscerne la distruttività da lontano" 13 . Non ha cioè l'aria del diavolo, tutt'altro, ma appunto l'apparenza di un pacifico agnello che colpisce a morte chi lo aveva con fiducia accolto nel proprio grembo...

Ecco quindi la Frode, nelle sembianze di donna, con le ali di pipistrello e piedi unghiuti, particolari dichiaratamente demoniaci. L'inganno è spesso raffigurato nella foggia femminile, come sanno bene gli Eremiti, sovente costretti a sopportare visioni di diavoli tentatori dalle sensuali forme di donna. Nel Chiostro di Monte Oliveto Maggiore il Sodoma raffigurò uno di questi irresistibili tentatori nelle sue splendide Storie di San Benedetto. L'immagine mi ha rimandato alle considerazioni di Fromm sul sadismo di Stalin che "amava far credere alla gente di essere al sicuro, per poi arrestarla ad un giorno o due di distanza. Naturalmente in tal modo l'arresto colpiva tanto più duramente la vittima che si era sentita al riparo..." 14 . Ho rivisto nei piedi unghiuti della frode, le mani rapaci del vecchio georgiano.

Dall'altra parte della Tirannide, alla sua destra, altri tre vizi si espongono all'orrore del visitatore.

Anzitutto il Furore, nelle foggia di un mostro dal corpo di cavallo e dalla testa di cinghiale. Il Furore è qualcosa di più violento dell'Ira: è etimologicamente, come insegna Giacomo Devoto, la manifestazione della furia, ossia della condizione di pazzo aggressivo, che nulla e nessuno riesce a fermare nel proprio feroce impeto distruttivo. Fromm se ne è occupato quando ha trattato della "funzione difensiva dell'aggressione ", come "reazione a qualsiasi tipo di minaccia...agli interessi vitali dell'individuo 15 . Con la precisazione che in casi del genere, per l'animale, e quindi a differenza dell'uomo, è più frequente la fuga...

Accanto la Divisione, rappresentata come una donna vestita a metà di bianco ed a metà di nero e la sega da falegname in mano: i due colori non sono casuali. Oltre a rappresentare gli opposti della vita sono anche le tonalità cromatiche di Siena che, appunto, nella sua Balzana innalza il bianco candido opposto al nero della notte. Quel terribile vizio è fin troppo noto in tutte le Città medievali abituate, da sempre, ai guasti prodotti dalle fazioni. Cittadini che si uniscono per tutelare il proprio interesse specifico senza riguardo alcuno per il Bene Comune e che, in nome di questo specifico loro interesse, minano alla radice il senso di unità della propria Civitas. Hitler, con la sua voluttà distruttiva che lo portava a perseguire l'annientamento degli anormali, degli ebrei, di "tutti i leaders delle correnti di opposizione" e financo, dei suoi stessi seguaci come rammentano ancora certe pagine della "Anatomia", rappresenta un esempio concreto di questa mala pianta della politica 16 .

Infine la Guerra, con le sembianze di un guerriero bellicoso, lo scudo in mano e la spada nell'altra. L'immagine richiama quella del Cavaliere dell'Apocalisse che Durer seppe così mirabilmente raffigurare in quel suo famoso lavoro in cui rappresentò i terribili quattro descritti nella Visione di Giovanni... Una paura ancestrale che, nel nostro tempo travagliato, con le capacità devastanti che la scienza e la tecnologia hanno fornito agli eserciti di tutto il mondo, si avverte più che mai. Eppure Fromm richiama le considerazioni di Washburn e di Lancaster sulla "popolarità della guerra " percepita, fino a tempi recenti, come una sorta di caccia sia pure a prede più pericolose di quelle animali 17 . Ma senza alcun senso di orrore avvertito dal cacciatore.

Ai piedi della Tirannide, avviluppata in un bianco lenzuolo di morte un autentico sudario, legata e derisoriamente trascinata, ecco la Giustizia. In quella città sfortunata, lasciata andare in rovina, nella quale lavorano solo gli artigiani legati alle male arti - ossia i fabbricanti di armi - e dove nelle strade , anziché pacifici produttori, sciamano soldataglie ostili, in quella città, appunto, la Giustizia è uccisa e vilipesa e il Timore, il terrore generato da tutti i tiranni che hanno insanguinato la storia dell'uomo, domina incontrastato...

Non è forse una splendida conferma iconologica di quanto Fromm ha affermato a proposito della distruttività umana?

VALORI E VIRTÙ PER GOVERNANTI E (SOPRATTUTTO) PER GOVERNATI

Ed ecco, nella parete nord, sulla destra di chi entra - forse suggestione della evangelica collocazione dei buoni - il Buon Governo con le Virtù che caratterizzano lo Stato e la Società Civile.

La "lettura" si svolge da sinistra verso destra. Sulla parte sinistra una donna vestita di rosso ed assisa su di un trono regge una enorme bilancia dai canonici, duplici piatti. Su di uno di questi piatti un angelo taglia la testa ad una figura inginocchiata e ne incorona un'altra; sull'altro un secondo angelo offre a due figure inginocchiate uno staio, segno di misura, ed un altro oggetto non meglio identificato. Si tratta, ovviamente, dell'espressione plastica dell'ideale tomistico e neo aristotelico della Giustizia commutativa (rappresentazione figurata del potere sanzionatorio dello stato) e della Giustizia distributiva (simbolo della funzione, diremmo oggi welfare, dell'ordinamento pubblico) che, nel caso in specie, si connota per due singolari caratteristiche. È infatti sovrastata dalla rappresentazione della Sapienza, di cui è innegabile la stretta parentela con la parola "sapio", nel senso di aver sapore, ma anche di "portare alle labbra". Viene alla mente la storia biblica dei nostri progenitori che si cibarono del frutto proibito ed immediatamente acquisirono la consapevolezza della loro nudità. Ma anche, al tempo stesso, la straordinaria potenza espressiva e sapienziale della lingua, non a caso dono sommo che lo Spirito Santo elargisce agli Apostoli. E quando dunque Fromm identifica "il linguaggio dimenticato" come "retto da una logica diversa da quella convenzionale...una logica cioè in cui non tempo e spazio sono le categorie dominanti ma intensità e associazione"; quando lo riconosce come "forse l'unico linguaggio universale che sia mai stato creato dall'uomo, rimasto identico per ogni civiltà nel corso della storia "; ancora quando lo reputa "un linguaggio con la sua grammatica e la sua sintassi, che bisogna comprendere se si vuole cogliere il significato dei miti, delle favole,dei sogni" 18 , ecco allora che anche l'allegoria di Ambrogio diventa estremamente chiara. La Sapienza, che continua a parlare con quel primigenio, abbandonato linguaggio è l'ispiratrice delle pratiche di giustizia che sono, ovvero dovrebbero essere di pertinenza dei govemanti.

Ma il suo "linguaggio dimenticato", ossia quello della purezza incorrotta delle origini, suggerisce, sia pure indirettamente, anche altri modelli di comportamento. Dai due piatti della bilancia - simbolo di equilibrio - della Giustizia, pendono altrettante corde che sono raccolte da una donna seduta, la Concordia, rappresentata con una pialla sulle ginocchia giacchè essa è la virtù che tutto appiana e smussa. Il lembo unito di queste corde viene afferrato da 24 personaggi - i reggitori di Siena, o meglio ancora la sua élite del potere - che muovono verso un austero vegliardo seduto sulla fascia destra dell'affresco. Quei 24 sono i "concordi", ossia coloro che, secondo una ingenua eppure significativa etimologia medievale, si aggrappano alla stessa corda, condividendo così, nel bene e nel male, la medesima sorte. Un comune sentire, un comune vedere le cose, un comune modo di agire.

La corda possiede una duplice valenza simbolica che esprime l'esatto opposto dell'aggressività umana quale ce l'ha presentata Fromm nella sua Anatomia. È un fortissimo simbolo di unione ben noto a moltissime società iniziatiche, come ad esempio la Libera Muratoria Universale, dove rappresenta la catena d'amore e di solidarietà che tiene uniti gli adepti. Ma, al tempo stesso, è anche un formidabile simbolo di risalita, di ascensione, dunque di elevazione che corrisponde alla biblica scala di Giacobbe o, più popolarmente, alla cintola che la Vergine, in molte iconografie medievali, lancia ad un attonito Tommaso mentre viene assunta in cielo.

Questo comune modo di agire è ispirato dal Vegliardo, effigiato dalla lunga, candida barba con un volto che fa pensare all'Eterno, e simbolicamente raffigurato in posizione elevata, che rappresenta il Bene Comune: è lui, con le vesti bianche e nere che riproducono i colori stessi dell'antica Repubblica di Siena, a tenere l'altro capo della corda. Un messaggio della valenza davvero dirompente: i governanti, tutti i governanti, sono chiamati ad agire come se fossero parti diverse di uno stesso organismo, ispirati non dai propri personali interessi ma dal Bene Comune. L'esatto opposto dei tiranni superbi, avidi, narcisisti, crudeli, traditori, fraudolenti, irosi, discordi e aggressivi della parete ovest...

L'ieratico Vegliardo è, a sua volta, sovrastato dalle tre virtù teologali, la Carità su tutte e col cuore acceso in mano, attorniata dalla Fede, l'unica che reca un simbolo cristiano, ossia la croce, signum del martirio di Cristo e la Speranza, con le braccia rivolte verso l'alto, in direzione di un sole luminoso con la faccia del Cristo. Laicamente ed alla maniera di Fromm, potremmo intendere la prima come l'umana solidarietà che deve correre tra esseri simili, quella che in chiusura dell'Anatomia viene intesa come la "più preziosa qualità umana: l'amore per la vita" 19 ; la seconda come la fiducia del cittadino verso il governante che agisce ispirato dal Bene Comune ma anche l'ottimistica fede razionale partecipativa, "presenza di una possibilità reale di salvezza" 20 ; la terza come il sogno di un mondo migliore, capace di offrire vera dignità di vita a tutti i suoi abitanti, "la speranza paradossale",dice Fromm, "che venga il Messia, ossia il liberatore unto dall'Eterno,di cui tutti ignorano il tempo della manifestazione" 21 .

Al di sotto, sedute accanto al Bene Comune, le quattro virtù cardinali, che il Cristianesimo ha recuperato dalla Repubblica di Platone: la Fortezza o coraggio, con lo scudo e la lancia in mano; la Prudenza o saggezza, la scienza della vita che regge uno scudo su cui è scritto "praeterita, praesentia, futura",ossia l'invito ad agire guardando al passato, al presente e all'avvenire; la Temperanza, cioè la capacità di dominare i propri istinti e desideri, raffigurata con la clessidra in mano; e ancora la Giustizia con in grembo una testa mozza ed una spada. La ripetizione del tema della Giustizia in questa parte dell'affresco sta a significare che essa, come le sue tre sorelle canoniche, esprime una virtù del civis, del singolo, dell'individuo, sia politico che semplice cittadino. Mentre la Giustizia per così dire maggiore, quella illuminata dalla Sapienza, sembra riferirsi all'agire dello Stato che, appunto, deve essere improntato ad essa, ossia alla retta armonia, alla giusta proporzione. Insomma un caldo invito rivolto a ciascun civis ad essere coraggioso, saggio, temperante, giusto, ossia, diremmo con linguaggio sociologichese, capace di relazionare con gli altri sempre in modo di favorire, mai di escludere, la fecondità di un rapporto. Si tratta,chiaramente, delle virtù antidoto alla distruttività aggressiva analizzata da Fromm.

Ma, e questa è un'altra significativa "bizzarria" dell'affresco senese, le virtù individuali non sono quattro, bensì sei. Alle due "regolamentari", infatti, vanno aggiunte la Magnanimità, ossia la benevolenza, rappresentata con un vassoio pieno di monete distribuite con la mano destra, e la Pace, mollemente raffigurata seduta, il piede sopra uno scudo, simbolo di guerra e con in mano il canonico ramoscello di ulivo. La prima è la virtù degli uomini grandi, di coloro che sono nati per costruire e che sanno guardare ben oltre il ristretto orizzonte degli individui comuni. La seconda è la condizione stessa per la vita e la prosperità, come sapeva bene uno dei primi teorici dello Stato moderno,Tommaso Hobbes, quando proclamava che, alla base del vivere civile, deve stare il principio razionale "Pax est petenda ". La pace va ricercata comunque, a cominciare proprio dall'atteggiamento del singolo individuo che, nei confronti del suo simile, deve essere sempre pacifico, premessa,questa per il confronto prima e la condivisione degli obiettivi generali poi. In tempi di multietnicità, di pluralismi culturali, di universalizzazione dei rapporti tra i popoli quali sono i nostri e quali Fromm vide appena nella loro fase iniziale, mi pare proprio che l'invito sia di straordinario interesse.

Il quadro complessivo che ne viene fuori è allora il seguente. La Repubblica, ossia, al nostro tempo, la collettività universale, deve essere armonicamente giusta - come pure la società che da esso è governata - in grado di applicare le sanzioni e, come il nostro ordinamento Welfare, di distribuire ricchezza e servizi a chi ne ha bisogno secondo, appunto, un concetto di giustizia illuminata dalla Sapienza. I cittadini, i cittadini tutti, quindi la società nel suo complesso, devono essere concordi nel perseguire il bene comune che si realizza essendo pacifici, coraggiosi, saggi, magnanimi, temperanti ed equi. In una società dove governano le virtù e dove, quindi, l'agire, collettivo ed individuale, è improntato al Bene Comune, domina su tutto, un'altra virtù di cui oggi abbiamo tanto bisogno e che Ambrogio Lorenzetti rappresentò sulla parete a fianco, quella degli "Effetti del Buongoverno", nelle fattezze di un angelo alato che sostiene una forca dalla quale pende un impiccato, ossia la Sicurezza.

CONCLUDENDO

È ipotizzabile allora che così operando, ossia nella pratica di questi valori, vere e proprie virtutes, nel senso latino di forze, forze interiori, l'humanum genus, completi, come afferma Fromm, il suo straordinario cerchio. "...Costruendo una società in cui nessuno sia minacciato; non il bambino dai genitori, non il genitore dal superiore; nessuna classe sociale da un'altra classe, nessuna nazione da una superpotenza " 22 . Queste virtutes guideranno il suo cuore, il cuore del nuovo Adamo purificato, dopo la lunga espiazione, alla cosciente scelta del bene. Che è partecipazione alla vita degli altri, capacità di CONCORDIA. Altrimenti, "Se l'uomo diventa indifferente alla vita non c'è più speranza che possa scegliere il bene". Ed "il suo cuore si sarà indurito a tal punto che la sua "vita " sarà finita e "la vita dell'umanità " ineluttabilmente destinata ad "estinguersi proprio nel momento della sua maggiore promessa" 23 (Il cuore dell'uomo, pag. 180).

Certo, quella che ho qui solo abbozzato è una interpretazione assolutamente personale del pensiero di Erich Fromm. Una Utopia. Eppure, personalmente, la ritengo possibile. Suggestionato, forse, dagli ultimi due affreschi di Lorenzetti, quelli che descrivono gli effetti del Buon Governo. A sinistra di chi guarda una splendida città,la Siena del trecento, dove ogni uomo, dai muratori che lavorano sulla sommità di un palazzo ai sottostanti calzolai, dal magister che insegna ai propri allievi, al corteo nuziale di ricchi cavalieri e di belle dame, offre il senso di una straordinaria armonia civica, scandita dalla danza leggiadra di nove fanciulle - allusione evidente alle muse pagane - e comandata da una decima - Madonna Armonia? - che batte, con un tamburello, il loro tempo. A destra, non contrapposta ma unita a quella meravigliosa città da una lunga strada - la Francigena?, sorta di cordone ombelicale - che lega i due universi - una campagna ordinata, dove ciascuno attende, con tranquilla naturalezza, al proprio ruolo, di signore, di contadino, di mercante, di pastore.

Un manifesto, dunque, capace di insegnarci molto. Segnato dalla coesistenza tra due 1mondi,quello "civile " dell'urbe, e quello rurale, egualmente importante, anzi indispensabile, con la sua farina, il suo vino, le sue carni per la prosperità ed il benessere di quella ricca città, che nulla sarebbe senza la sua campagna. E viceversa,ovviamente. Adoperarsi per iniziare l'umanità alle virtutes del Buon Governo e quindi alla autentica esistenza, per sottrarla ai vizi della distruttività umana, cioè alla sua morte spirituale prima ancora che fisica, sarebbe davvero il segno che l'amore per la vita finirà per avere la meglio su quello, devastante, per la morte.

 

NOTE:

  1. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,Milano 1977,pag.543
  2. E.Fromm,op.cit.pag.543
  3. E.Fromm,op.cit,pag. 546
  4. E.Fromm,op.cit.pag. 547
  5. E.Fromm,Voi sarete come dei,Roma 1970, pag.l54
  6. E.Fromm,Voi sarete come dei,op.cit., pag.154
  7. E.Fromm, Il linguaggio dimenticato,Milano 1981, pagg.21-22
  8. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.507
  9. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.516
  10. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.263
  11. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.255
  12. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pagg.89-93
  13. E.Fromrn,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.536
  14. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.359
  15. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pagg.131-132
  16. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.496
  17. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.174
  18. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.547
  19. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.545
  20. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.547
  21. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.547
  22. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.545
  23. E.Fromm,Anatomia della distruttività umana,op.cit., pag.547

BIBLIOGRAFIA

Mariano L. Bianca/'Ef/ca della tolleranza ed Etica della promozione", sta in "Etica della Tolleranza", Firenze 1997

Giuseppe Cairo,"Dizionario ragionato dei simboli, Bologna 1967

Jean Chevalier e Alain Gheerbrant (a cura di),"Dizionario dei simboli", voll.2, Milano 1989

Erich Fromm, "Anatomia della distruttività umana", Milano 1997

Erich Fromm,"Il cuore dell' uomo", Roma 1965;

Erich Fromm,"Il linguaggio dimenticato", Milano 1981

Erich Fromm,"Voi sarete come dei",Roma 1970

Chiara Frugoni,"Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Firenze 1991

Giovanni Semerano,"Le origini della cultura europea",tomo II°,Firenze 1994

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