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PSICOANALISI NEOFREUDIANA

A cura dell' International Foundation Erich Fromm
Periodico quadrimestrale
anno XX numero 3 speciale
Registrato al Tribunale di Prato il 01/06/1988 al n. 133
Comitato Scientifico - Coordinatore: Irene Battaglini

Stampato in proprio - diffusione via Web
Direttore Responsabile: Ezio Benelli
Editing: Irene Battaglini
Polimnia - Musa della narrazione

Recensione del volume: "LA SEDUZIONE DI THANATOS Percorsi di passione e morte nel mito e nell'arte"

di ALIDA CRESTI
L'Editore, Trento, 1990

Dichiarato viaggio nei topòi mitici della passione e della seduzione (Don Giovanni, Tristano, Orfeo, Werter, Pentesilea) contrariamente a quanto appaia a prima vista dal titolo "La seduzione di Thanatos", è questo in realtà un libro sull'Eros, sui suoi incanti, e sui suoi terrori, giacché il suo emergere impone la necessità di una relazione con un "oggetto" e la rottura quindi del guscio narcisistico. Non si tratta qui tuttavia di Eros e Thanatos come pulsioni di vita e di morte, originarie ed ineludibili, in senso freudiano, quanto piuttosto di "personificazioni" dell'amore, che è genericamente indicato come spinta vitale, e della morte che è la sua antagonista, e pure, compagna indissolubile, e che, psicologicamente, come distruttività, nasce dalla frustrazione di un amore negato.

I miti di Eros e quelli di Thanatos sono indagati qui soprattutto nel loro manifestarsi come passione: "passione di vita" e "passione di morte", secondo la distinzione operata dall'Autrice. Passione distruttiva, quando l'amore sia eccessivo, intriso di "seduzione di morte", intriso cioè di possessività e distruttività; passione creativa (potremmo definirla "biofilia" in senso frommiano e che si identifica anche nella creatività artistica), quando ci sia la capacità di sopportare, senza soccombere, le "tante piccole morti" che la vita impone a ciascuno di noi. Ogni abbandono, ogni separazione, ogni trasformazione è infatti "una piccola morte", ma che in sé contiene i germi vitali di una rinascita, dato che anche i miti antichi recitavano che dalla morte, "cantando", nasce la vita. In questa prospettiva, la dimensione della morte perde in parte la sua inesorabile terribilità, giacché vi si integra un concetto trasformativo, alchemico della personalità, mentre invece, paradossalmente, la "seduzione di Thanatos" si rivelerebbe essere proprio la non accettazione del dolore e della sofferenza, l'incapacità di "soffrire" la vita, amandola.

Anche il meccanismo-principe del concetto freudiano di pulsione di morte: la coazione a ripetere, viene qui superato nella visione di un possibile "tentativo autocurativo", un movimento spiraliforme, a chiocciola: che non riattualizzi soltanto catastrofi passate, in un masochistico ripetersi, da antica maledizione: ma che sia anche tentativo di nuova sintesi, affettiva ed esistenziale, in una dimensione intrapsichica ed interpersonale, e più volte nel libro viene ribadito il potenziale trasformativo del sentimento amoroso, che se è "affermazione di sé" è anche rivelazione, e ritrovamento dell'Altro, "epifania" del mistero vitale. Thanatos, la morte, suo altro polo, è tuttavia necessario alla sua comprensione, giacché non vi è immagine in luce senza l'ombra che permetta il suo stagliarsi, e perciò amore-passione-seduzione e morte sono sempre intrecciati, evidenziandosi ora l'uno ora l'altro; ma, se "le passioni felici - soddisfatte" bastano a se stesse, e tacciono, le passioni infelici, intrise di morte e di colpa da sempre eccitano la fantasia e l'interesse: un processo identificatorio, come suggerisce l'Autrice, per cui, con un meccanismo di illusione onnipotente, nella colpa dell'altro si aggira e si nega l'interdetto edipico? Certo è che la fatalità della passione da sempre invade l'immaginario collettivo: "fiore spinoso della sofferenza", cui in qualche modo, forse tutti ci ritroviamo.

Un libro insolito, questo, nel panorama della critica italiana, e dove al ricercato rigore scientifico si sposa un linguaggio immaginale e denso, ricco di riferimenti e citazioni anche poetiche, ma inglobate nel testo, che ne acquista uno spessore notevole, di appoggio alle tesi sostenute dall'Autrice. Un ricco apparato di note ed una vasta bibliografia, consentono al lettore curioso di approfondire certe tematiche, rimanàdandolo anche ad altri autori, senza tuttavia appesantire il testo, che risulta sempre fluido e godibilissimo, con momenti di vero "pathos".

Psicologa, ma studiosa anche di arte e letteratura, Alida Cresti si immerge nell'immaginario e nel mondo dei sentimenti umani eterni, amore, passione, disperazione, felicità, dipanando il filo sottile dello svelamento del senso simbolico, addentrandosi per sentieri diversi e confluenti in un ambito interdisciplinare, che si avvale non solo di competenze psicoanalitiche, ma anche di solidissimi riferimenti storico-antropoàlogici e di storia della cultura: letteratura, miti e storia delle religioni antiche, e dei miti "moderni" (Don Giovanni, Tristano), oltre che riferimenti alla storia dell'arte ed alla musica. In particolare, tre opere musicali sono qui analizzate con un linguaggio elegantemente appassionato: l'"Orfeo" di Monteverdi, e quello di Gluck, ed il Tristano e Isotta di Wagner, a significare il percorso e le trasformazioni che il mito (classico, quello di Orfeo, moderno e letterario, quello di Tristano) subisce nell'immaginario collettivo, rinnovandosi in parte in ogni epoca, evidenziando nuovi elementi, e mettendone altri in ombra, possibilità che l'Autrice indica propria alla "densità polisemica" di ogni prodotto del pensiero e della fantasia umani.

Anche la "passione" di Werter, e quella di Pentesilea, trovano una voce in questo libro, dove particolarmente efficace, rimane la lettura de "L'Abbraccio", immagine che fa parte del "Fregio di Beethoven" di Klimt, sintesi che si pone a chiusura di questo intrigante cammino, ribadendolo punto di intersezione tra competenze diverse, spesso a torto ritenute non comunicanti, e che qui si avvertono anche confortate e consolidate da anni di pratica clinica, oltreché di studio, sì da consentire uno spessore di lettura anche molto umana, di comprensione e di partecipazione "empatica" all'eterna dinamica della gioia e del dolore.

Ezio Benelli

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