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L'ARTE DI AMARE

L'incapacità di amare

Antonio Volterra

In psicologia e in psicopatologia, una caratteristica tra le più significative è la marginalità, da intendersi come qualità intrinseca, a limiti indefinibili, del funzionamento mentale. Essa conferisce una "dimensione illusoria" di raccordo (o di separatezza) tra le categorie semiotiche identificate secondo i comuni criteri, e comporta interferenze e delimitazioni incerte tra i vari aspetti significativi della personalità. Nell'ambito di questa marginalità, si viene a collocare l'incapacità di amare, sulla quale si sono particolarmente soffermati alcuni psicoanalisti, come Kohut e soprattutto Kernberg. Essa si associa di solito a tratti narcisistici; a una marcata debolezza dell'io; a una compromissione delle potenzialità d'adattamento; alla scissione dell'immagine di sé e degli altri in parti tutte buone o tutte cattive; a relazioni parziali o distinte con gli oggetti, ora idealizzati, ora svalorizzati, con bruschi passaggi dall'uno all'altro atteggiamento; alla negazione di affetti e pensieri contrastanti e quindi all'impossibilità di accedere all'ambivalenza; alla svalutazione degli altri e di sé, con proiezione preferenziale delle proprie parti cattive sugli altri; ecc.

La diagnosi è quindi formulabile, più che in riferimento ad un quadro nosografico, in base all'accertamento di una data modalità di funzionamento psichico e ad una valutazione del comportamento nella dinamica delle relazioni intra e interpersonali. La sua specificità, infatti, non risiede in una costellazione clinica, ma nella particolare organizzazione strutturale, dinamica, economica, topica e genetica della personalità.

Nei soggetti con incapacità di amare si riscontrano abitualmente una povertà comunicativa; una coartazione dei legami interindividuali; un'incapacità di penetrazione profonda dell'essere-con; la recita di ruoli di facciata, privi di vera compartecipazione; la sostanziale mancanza d'integrazione con altri significativi e di rapporti non manipolativi; la diffusione dell'identità; un'esistenza basata sull'attuale; il rigetto o l'indifferenza nei confronti di ogni cosa o persona fuori dal proprio universo significativo; uno stile di vita pulsionale, con instabilità, imprevedibilità e superficialità della condotta; una disforia collerica, una carenza di solidarietà, un'intolleranza nei confronti degli altri, ecc.

L'incapacità di amare s'inserisce, quindi, con aspetti molteplici e complessi, in un'area di transizione, in cui possono comparire, con dinamiche sia normali che patologiche, crisi d'identità; reazioni oggettuali alterate; conflitti nevrotici; condotte dissociali o devianti; manifestazioni negative d'originalità; reazioni narcisistiche; condotte sessuali perverse, caotiche e polimorfe; sviluppi psicotici subdoli; relazioni familiari disturbate; facile passaggio ad atti auto ed etero distruttivi; inquietudine, noia, senso di vuoto, di solitudine e d'inutilità; indifferenza per le attività sociali o scolastiche; intensi bisogni pulsionali che si confrontano con un'estrema debolezza dell'Io; instabilità affettiva; ansia fluttuante; frequenti ed improvvisi mutamenti d'umore; ipersensibilità alle frustrazioni, ecc.

Condizione essenziale per acquisire la capacità d'amare è, secondo Freud, ripreso da Fromm, il superamento del narcisismo.

Com'è noto, infatti, il mito di Narciso rappresenta l'amore, spesso tragico e distruttivo, che si porta all'immagine di sé. Narcisismo significa anche egocentrismo e solipsismo, cioè la tendenza psicologica a servirsi di sé come esclusivo punto di riferimento, intorno al quale si organizza l'esperienza.

Eros, invece, secondo la metafora di Freud, esprime la forza della vita e dell'amore oggettuale, in opposizione a quella disgregatrice di Thanatos, istinto di morte.

"Al modo stesso come l'ameba può proiettare perifericamente la sostanza di cui è costituita con la formazione di pseudopodi, oppure ritrae al centro tutta quella sostanza" scrive Freud nell"'Introduzione al narcisismo "così la libido può proiettarsi sugli oggetti esterni come libido oggettuale, oppure essere richiamata sull'Io come libido narcisistica" .

Questa immagine di Freud presuppone che la libido, tanto oggettuale, quanto narcisistica, sia sempre la stessa, concezione legittimata dal fatto che l'aumento di un tipo di investimento si accompagna ad una riduzione dell'altro. La libido investita negli oggetti è quindi sottratta a quella narcisistica (situazione dell'amore), mentre l'arricchimento della libido narcisistica porta con sé un impoverimento di quella oggettuale e quindi ad un'incapacità di amare.

Ciò implica il postulato in fisica della conservazione della libido totale (analogo al postulato i1 fisica della conservazione dell'energia), per cui la somma delle cariche libidiche di cui un individuo dispone è costante e consente l'introduzione del concetto di mobilità libidica.

In "Analisi terminabile e interminabile", Freud distingue persone con una particolare viscosità della libido, per cui il processo di disinvestimento e di reinvestimento in nuovi oggetti è assai lento; altre, invece, con una particolare fluidità della libido, le quali non riescono a realizzare investimenti di una certa durata, ed altre, ancora, che presentano una forma d'inerzia e quindi non riescono a fare investimenti. Questi caratteri (nelle due ultime tipologie si possono inserire i soggetti con incapacità d'amare) differenziano gli uomini, indipendentemente da problemi clinici concomitanti.

A tal proposito appare significativo il termine di "Besetzung" usato da Freud per indicare la relazione che s'istituisce fra impulso libidico e oggetto e l'arricchimento subito dall'oggetto stesso per effetto di un tale apporto libidico.

La libido non può essere intesa infatti soltanto come energia erotico-affettiva, analogamente a qualsiasi altro moto affettivo, come un quid avente origine e sede nell'Io e rivolto ed orientato verso gli oggetti, ma come qualcosa che si in sedia negli oggetti stessi (fenomenicamente intesi), che li occupa e li presidia con un proprio ammontare od importo (Betrag), rimanendo investito in essi.

L'orientamento narcisistico della libido fa sentire quindi come "realtà" solo ciò che esiste dentro di sé, mentre gli oggetti del mondo esterno non hanno "realtà" in loro stessi, ma sono considerati solo dal punto di vista dell'utilità o del pericolo che rappresentano. La capacità d'amare si acquisisce invece considerando le persone e le cose così come sono, oggetti-soggetti, al di là dei desideri, delle paure e delle strumentalizzazioni. Essa presuppone, quindi, l'esaurimento degli aspetti narcisistici (Freud); il superamento della reazione al lutto per la perdita e la separazione dalla madre (Back); l'esperienza di fusione nella fase di simbiosi e il suo superamento nella fase di separazione-individuazione (Bergmann); il superamento dei conflitti preedipici (part-object relations) e l'inibizione delle tensioni sessuali derivanti dai conflitti edipici (Kernberg) ecc.

Fromm ricorda che mentre si è consciamente timorosi di non essere amati, l'inconscio timore è quello d'amare. Ora, un atteggiamento indispensabile per l'acquisizione della capacità d'amare è quello di essere in stato d'interesse attivo verso le persone, e non solo verso quella amata, dato che si è incapaci di dedicarsi alla persona amata se non si è in un perenne stato di disponibilità per l'amore, inteso come modo costante di un rapporto dell'essere con l'Altro e come meta del desiderio.

Freud accenna a questo problema laddove, elaborando la teoria degli istinti, ci indica la trasformazione delle pulsioni sessuali in un Eros che si adopera per il ritorno allo stato primigenio dell'unità dell'essere e il cui nucleo essenziale, l'amore sessuale, si trova congiunto alle altre manifestazioni affettive come "espressione di un unico identico insieme di bisogni e desideri" (1).

Esso, in certe persone, porta all'unione amorosa e sessuale, mentre in altre, per non risoluzione, o attivazione di vecchie conflittualità, fallisce questo obiettivo o ne impedisce la realizzazione, pur conservando i tratti della sua natura.

L'introduzione all'Eros, come istinto di vita, in lotta con quello della morte, costituisce un importante punto di riflessione psicoanalitica.

Poiché l'uomo procede ineluttabilmente verso la morte, l'Eros non può liberarsi da questo cammino obbligato, se non unendo i mortali fra loro, mentre nell'individuo isolato, cioè privo di un supporto autentico con l'Altro, quindi della capacità di amare, non vi può essere che la morte. Il fatto è che il desiderio, per se stesso, non si rivolge, di propria iniziativa "naturale", verso il riconoscimento dell'Altro, nelle sue proprie dimensioni.

È solo nella maturazione della persona che si verifica il passaggio da un desiderio senza riconoscimento dell' Altro alla capacità d'amare (2) e ciò solo dopo un iter molto contrastato.

L'inizio del riconoscimento dell' Altro è rappresentato dal complesso edipico, del quale troppo spesso è ricordato solo il carattere spaventoso, mentre, in realtà, contraddistingue l'avvento di un ordine etico nell'uomo e ne determina le condizioni di realizzazione. Il complesso edipico rappresenta qualcosa di più del primo conflitto relazionale della vita umana. Dal felice esito di questo dipende infatti la possibilità di stabilire un autentico rapporto con l'Altro, anche se contemporaneamente esso porta in sé, a motivo dell'intrinseca asprezza, i rischi di un fallimento che può sfociare nell'incapacità d'amare.

Eliane Amado Levy-Valency afferma che talora l'individuo non è in grado né di provare, né di dare amore; nel primo caso perchè il suo desiderio non è rivolto verso alcun oggetto reale; nel secondo, perchè spende gran parte della sua energia per mantenere rimossa la libido. Infatti, tutto ciò che impedisce ad una persona di essere considerata nelle dimensioni a lei proprie, è alienazione, solipsichismo, turbamento della funzione della conoscenza; è, nel contempo, distorsione di ogni rapporto, ipostatizzazione del bisogno, non incontro, assenza di reciprocità ed è preclusione al raggiungi mento della terra promessa dell'amore nella libertà e della libertà dell'amore.

NOTE

l) Mentre il bisogno è soprattutto il momento del sentire (quando si avverte la mancanza), il desiderio è invece il momento della tensione all'atto (quando si cerca di ottenere la cosa che manca).

2) Kojève, commentando Hegel, scrive "L'essere umano si costituisce solo in funzione di un desiderio vertente su un altro desiderio, ossia, in fin dei conti, in un desiderio di riconoscimento. Perciò l'essere umano si può costituire solo se almeno due desideri si affrontano l'uno con l'altro. E poiché ciascuno dei due esseri dotati di un desiderio è pronto a rischiare e quindi a mettere in pericolo quello dell'altro allo scopo di farsi "riconoscere" e di imporsi all'altro come valore, il loro incontro non può essere che una lotta. E solo mediante una simile lotta, la realtà umana si genera, si costituisce, si realizza e si rivela a se stessa e agli altri."

BIBLIOGRAFIA

AMADO LÉVY-VALENCY E., Le dialogue psychoanalytique, PUF, Paris, 1962 BACK R.C., Being in love and object loss, Internat. J. Psycho-AnaI. 54, l, 1973.

BERGMANN M.S., Psychoanalytic observations on the capacity to lo ve, In "Separation-individuation", eds. J. B. Mc Devitt & Settlage, New Y ork, Intern. Univo Press, 1971.

FREUD S., Introduzione al narcisismo, in Opere, VoI. VII (1912-1914), p. 443, Boringhieri, Torino, 1970; Analisi terminabile ed interminabile, in Opere, VoI. XI (1930-1938), p. 499, Boringhieri, Torino, 1974.

FROMM E., L'arte di amare, Mondadori, Milano, 1986. LACAN J., D'un autre à l'autre, Seuil, Paris, 1973.

KERNBERG O., Barriers tofalling and remaining in lo ve, J. AM. Psychoan. Assoc., 3, 486, 1974.

Boundaries and structures in love relations, J. Am. Psychoan. Assoc., l, 81, 1977. Love, the couple and the group: a psychoanalytic frame, Psychoan. Quarter., 49, 78, 1980.

Mature love: prerequisites and characteristics, J. Am. Psychoan., 4, 743, 1974 Sindromi marginali e narcisismo patologico, Boringhieri, Torino, 1978.

KOHUT H., Narcisismo e analisi del Sé, Boringhieri, Torino, 1976.

KOJÈVE A., La dialettica e l'idea della morte in Hegel, Einaudi, Torino, 1948.

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