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Solitudine e bisogno esistenziale di unione nell' Arte di amare di Erich Fromm

Eda Ciampini Gazzarrini

Gazzarrini, E. C., 1988

"Solitudine e bisogno esistenziale di unione nell' Arte di amare di Erich Fromm," in: P. L. Eletti (Ed.), Incontro con Erich Fromm. Atti del Simposio Internazionale su Erich Fromm: "Dalla necrofilia alla biofilia: linee per una psicoanalisi umanistica" Firenze 1986, Firenze (Edizioni Medicea) 1988, pp. 287-292.

Il tema esplicito del libro di Fromm, l' "Arte di Amare", è l'interrogativo sulla possibilità di amare nella civiltà contemporanea, incentrata sul profitto e sullo scambio di mercato. Tuttavia argomenti centrali dell'opera appaiono la solitudine umana e quell'insopprimibile, "anelito di unione" che troverà acquietamento nell'amore.

È il bisogno di "unione", di un incontro risolutore tra gli uomini quello che Fromm percepisce nella società americana e in quelle a sviluppo tecnologico, dietro l'apparente stato di benessere. Sarà questo stesso bisogno, preannunciante di per sé la possibilità di amare, a generare nell'uomo insoddisfazione per le pseudosoluzioni adottate.

Ci ha colpito di questo libro la presenza di nostalgia di un bene "perduto", dietro il quale è il mistero, di cui Fromm, insieme a noi, cerca il nome. Fromm chiama questa nostalgia desiderio di ritorno al "Paradiso Terrestre" dove l'uomo può vivere senza consapevolezza di sé, dove non si sono ancora sviluppate le dicotomie esistenziali. Paradiso come condizione perduta di armonia, con la na-tura e con se stesso.

Ma è stato fatto divieto ad Adamo ed Eva di rimanere, dopo che si sono cibati del frutto dell'albero del bene e del male. Non avrebbe potuto essere altrimenti. Con la nuova dimensione della consapevolezza Adamo ed Eva si mettono fuori dal regno dell'indistinto, dell'istinto, della natura e si sentono soli e colpevoli.

I cherubini con la spada di fuoco sono a testimoniare la colpa commessa e l'impossibilità di un ritorno.

Con questo dramma, dirà Fromm, inizia, per la razza umana, il destino di uomo.

Parimenti, con la separazione dalla madre iniziano per il bambino il destino di individuo e la ricerca di un nuovo incontro.

Anche il bambino alla nascita viene sbalzato da una situazione chiara come l'istinto in una incerta, ma il senso di solitudine del neonato è annullato dalla pre-senza fisica della madre dal suo contatto, dall'odore della sua pelle. Fromm dirà che più il bambino, nella crescita, si libera dai vincoli primitivi, più intenso resta in lui il bisogno di "nuove vie" per ripristinare l' ”unione".

L'autore batte l'accento sull'isolamento e sul vuoto che il bambino prova quando si rende conto della separazione dalla madre.

Il senso di solitudine è, per Fromm, l'origine di ogni ansia che, se intollerabi-le, porta a cancellare il senso di separazione e con esso il mondo esterno. L'individuo si chiude in un isolamento che è follia.

Per il nostro autore l'umanità, di qualsiasi civiltà, si è trovata di fronte alla so-luzione dell'eterno problema di come superare la solitudine e raggiungere l'unione". Questo è l'interrogativo che si è posto l'uomo delle caverne così come l'uomo di oggi.

È un problema, continuerà a dire Fromm, che nasce dalla condizione dell'esistenza umana, di fronte al quale la storia delle religioni e della filosofia sono tentativi di soluzione.

È convinzione di Fromm che anche la società capitalistica risponda a suo modo, a salvaguardia dei privilegi, al bisogno dell'uomo di superare la solitudine, ammannendo il "conformismo", la "routine di lavoro e del piacere" e "idoli" privi di qualità umane.

E l'uomo è solo più di sempre.

Fromm ci avverte che la maggior parte della gente non si rende conto di co-sa nasconda il conformismo:

"Come potrebbe un uomo prigioniero della ragnatela della routine ricordarsi che è un uomo, un individuo ben distinto, uno al quale è concessa una unica oc-casione di vivere, con speranze e delusioni e dolori e timori, col desiderio di ama-re e il terrore della solitudine e del nulla?"1. Fromm tocca uno dei più scottanti temi attuali e denuncia che i movimenti socio-politici e le vertiginose scoperte tecnologiche sono sempre più al servizio di una società retta da una costrittiva economia competitiva.

È esplicito in Fromm che per l'uomo di oggi il problema della solitudine e di una ricerca di "integrazione" senza perdita della propria individualità sia altrettanto importante quanto lo studio della sessualità ai tempi di Freud. La stessa spinta sessuale, per Fromm, è causata solo parzialmente dal bisogno di sopprimere una tensione mentre la necessità principale è data dall'istanza di "unione" con l'altro polo sessuale.

Nel processo della separazione che fa parte della crescita, che è anche euforia e gioia, Fromm richiama la nostra attenzione sullo stato di sofferenza che ne consegue e sulla paura del vuoto, dell'isolamento. L'uomo Fromm sembra molto preso da questa condizione umana di "separazione" che non avviene una volta per tutte ma che si ripete, con rinnovato senso di perdita ad ogni cambiamento, sempre dolorosa. Così si ritrova in lui, non acquietata, la nostalgia di una felice unione perduta.

Fromm, sociologo, è preoccupato per le condizioni della società attuale, per il futuro dell'uomo che rischia la distruzione, anche perché la società conia stra-tegie di mascheramento del disagio e l'uomo rimane "consapevolmente inconsapevole".

Con questa ultima affermazione dell'ambiguità dell'individuo, Fromm pare minare la speranza di una risoluzione nella quale egli tuttavia crede.

Dei messaggi di Fromm, sembra essersi fatto araldo in questi ultimissimi tempi, il linguaggio dell'artista. I temi di Fromm hanno trovato espressione e particolare incisività attraverso la macchina da presa e le immagini che rendono più accessibili i significati. Michel del film del regista Ferreri "I love you" ripropone il problema esistenziale di una propria individuazione e il fallimento di un ritiro dalle relazioni umane verso un oggetto meccanico che sostituisce l'incontro con l'altro.

Michel è l'uomo che Fromm in una opera più tarda chiamerà uomo monocerebrale2 preso dal meccanismo tecnologico a tale punto da stabilire fra lui e la macchina una specie di rapporto simbiotico. Fromm troverà una sorprendente analogia fra questo tipo di uomo monocerebrale e gli schizofrenici.

Sempre attraverso lo strumento della macchina da presa ci arriva un altro messaggio.

È la volta di Kaos dei registi Taviani. Kaos è il mondo prima dell'atto della creazione, nel quale tutte le forme erano indefinite. Il film si presta a significare un ritorno regressivo alla Grande Madre, la nostalgia di un "eterno presente". Il protagonista, a maturità avanzata, torna nei luoghi dell'infanzia e ricorda la ma-dre:

"Ora che sei morta e non mi pensi più, io non sono vivo per te". Possiamo cogliere in altri aspetti della cultura il segno del disagio ed anche modalità di co-pertura, strategie, che negano "il vuoto".

Stiamo pensando al "trompe d'oeil" (in-ganno dell'occhio) in architettura, a quel movimento che cerca di coprire con pitture di modelli architettonici del passato Rinascimento le pareti di vetro e cemen-to dell'edilizia moderna.

Aggiungiamo queste immagini ingannevoli, tratte dai nostri giorni, a quelle che Fromm mette a nudo nel suo libro sia relative alla vita dell'individuo che della società. Sembra non possano esserci altre soluzioni che follia, regressione, inganno e che la società debba andare verso la distruzione totale. Fromm indica la possibilità di superare la solitudine e di sfuggire il vuoto, nella capacità di amare dell'uomo e in una organizzazione sociale improntata dall'amore.

Scrive dell'amore come di un sentimento attivo, la cui caratteristica si sinte-tizza nel concetto del "dare". "Dare" come la più alta forma di potenza per cui l'uomo prova la sua forza, la sua ricchezza, il suo potere. Il "principio" dell'amore per Fromm è incompatibile con il "principio" che anima la società capitalistica, basata sul profitto. Tuttavia egli ammette che il capitalismo, nella sua reale estrinsecazione, è complesso e in continua evoluzione, da dare adito ad una certa dose di anticonformismo e di giudizio critico.

Questa dialettica di Fromm ci porterebbe ad affrontare il problema della polarità e della integrazione nel suo pensiero.

La polarità sembra corrispondere più al Fromm sociologo per il compito che si è assegnato di togliere l'uomo dalla confusione, dalla ignoranza consapevole, con visioni chiare di vita. Anche quando illustra la crescita dell'individuo differenzierà nettamente l'amore, definendone le caratteristiche di premura, responsabilità, rispetto e conoscenza, degli stati di simbiosi, di narcisismo, di dipendenza. Egli sembra lasciare tra la condizione matura dell'amore e gli stati affettivi più elementari come un vuoto che disorienta.

Sara, una adolescente seguita in psicoterapia, al culmine della sua ambivalenza, esposta alla disperazione depressiva per l'oggetto buono sentito come perduto, chiede:

"Nella dipendenza c'è amore?" .

Cerchiamo con Sara, presi dalla conflittualità dei nostri sentimenti, una rassicurazione da Fromm.

E Fromm terapeuta abbandona la polarità e tocca il tema della sofferenza mentale con la sua affermazione carica di empatia:

"Mentre si è coscientemente timorosi di non essere amati, il vero, sebbene inconscio timore è quello di riuscire ad amare"3. Sara ci chiede di ricercare la presenza di amore là dove è fusione, narcisismo, dipendenza e colpa. Ci invita ad andare a ricercare più indietro le radici della capacità di amare.

E Fromm ci viene ancora incontro con il "principio dell'amore materno" rap-presentato dalla figura della madre, principio che è al di sopra delle prestazioni reali della mamma con il proprio bambino.

È un amore incondizionato che dice al figlio: "Non c'è peccato, né delitto che ti possa privare del mio amore, del desiderio che tu sia vivo e felice"4.

L'amore incondizionato corrisponde ad uno dei più profondi aneliti di ogni essere umano, dirà Fromm.

Una nota studiosa dell'infanzia chiamerà questo anelito "Oggetto di bontà unica di cui il neonato sa inconsciamente" ricorrendo in certo qual modo ad una eredità filogenetica5.

Fromm è un uomo che ha fede nella capacità individuale di amore e la ritiene unica reale soluzione al problema della solitudine. Ha fede nella possibilità dell'amore come fenomeno sociale, e afferma che le forme maligne di aggressione e sadismo possono essere sostanzialmente ridotte se le condizioni socio-economiche si evolvono in modo da favorire lo sviluppo del potere creativo dell'uomo, come suo autentico obiettivo.

NOTE

  1. E. Fromm,L'Arte di Amare (1956), Arnoldo Mondadori, Milano, 1963.
  2. E. Fromm, Anatomia della distruttività umana (1973), A. Mondadori, Milano, 1975.
  3. E. Fromm, L'Arte di Amare (1956), Mondadori, Milano, 1963.
  4. E. Fromm, L'Arte di Amare (1956), Mondadori, Milano, 1963.
  5. M. Klein, Scritti, 1921-1958, Boringhieri, Torino, 1978.

BIBLIOGRAFIA

S. Ferenczi, Thalassa, Roma, 1965, Astrolabio. Freud, S., Tre saggi sulla sessualità, Milano, 1975, Boringhieri.

E. Fromm, L'Arte di Amare, Milano 1963 - "I Corvi" dall'Oglio - Il Saggiatore

E. Fromm, Anatomia della distruttività umana, Milano, 1975, A. Mondadori.

E. Fromm, Avere o Essere?, Milano 1977, A. Mondadori.

M. Klein, Scritti,l92l-1958, Torino 1978, Boringhieri.

ABADI M., Donde era el desco... (El goce de la resistencìa), "Revista de Psicoanalisis", 5, 769, 1979.

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