La vita ed il pensiero di Erich Fromm


Erich Fromm
(Francoforte sul Meno, 23 marzo 1900 - Locarno, 18 marzo 1980)

Biografia

Erich Pinchas Fromm nasce il 23 marzo 1900 a Francoforte sul Meno, (muore a Muralto, Svizzera il 18 marzo 1980) figlio unico di famiglia di origini ebraiche molto religiosa. Questa sua origine lo segnerà in modo indelebile influenzando il suo pensiero.

Si laurea in filosofia nel 1922 ad Heidelberg, con una dissertazione dal titolo "Sulla funzione sociologica della legge ebraica nella Diaspora". La tesi di laurea fu l'espressione di un precedente lavoro di ricerca suggeritogli da Alfred Weber, uno studio riguardo alle differenti funzioni della legge ebraica nei diversi gruppi israeliti. Durante i suoi studi ad Heidelberg, Fromm avrà come insegnanti Max e Alfred Weber, Karl Jasper, Heinrich Rickert.

La sua vita sarà segnata in modo indelebile dalla prima guerra mondiale. Le tematiche affrontate nel 1922 saranno poi quelle che avvicineranno l'interesse di Fromm alla psicoanalisi e alla sociologia, successivamente approfondite e stilate in forma sistematica.

Fromm rimase profondamente turbato dal turbine di violenza della prima guerra mondiale e nel 1918 al termine del conflitto si interrogò sull'irrazionalità dei comportamenti che l'animavano e sui motivi della genesi del conflitto, sviluppando un pensiero molto dubbioso nei confronti di tutte le ideologie.

Nel 1925 si allontana dalla ortodossia ebraica e va alla ricerca di motivi spirituali che possano appagare l'ansia di una più salda religiosità interiore.

Nel 1926 si sposa con Frieda Fromm Reichmann da cui divorzia nel 1931. Vive a Monaco e successivamente si reca a Berlino dove approfondisce i temi della propria ricerca psicoanalitica e collabora con Hans Sachs.

Nel 1930, fonda la "Suddetsche Institut fur Psychanalyse" a Francoforte e spronato da Max Horkeimer inizia i lavori di ricerca in psicologia presso l'istituto di ricerca sociale all'interno di quella "Scuola di Francoforte" che influenzerà l'Europa e l'America. Qui da l'avvio ad un lavoro incessante di ricerca. È inoltre sempre del 1930 la prima tesi sulla delle religioni che viene pubblicata sulla rivista Imago, edita da Sigmund Freud: è a partire da questo momento che Fromm sviluppa la sua attitudine esercitando come psicologo freudiano ortodosso a Berlino.

Dal 1934 al 1949 Fromm vive negli Stati Unti e vi acquisisce la cittadinanza; la sua attività non conosce sosta, viene chiamato in molte università americane ad insegnare (Michigan University, Columbia University, Yale University).

Nel 1944 si sposa con Henny Gurland, ma una malattia incurabile li separerà nel 1952. Nel 1953 si sposa per la terza volta con Annis Gloves Freeman.

Nel 1949 si reca in Messico, a Cuernavaca, dove prosegue le sue ricerche psicoanalitiche, stampa molti scritti e ha contatti con studiosi di tutto il mondo. Ai diversi simposi promossi da Fromm partecipano studiosi del calibro di Russell, Markovich, Petrovich, Schaff e Bloch. Nonostante il ritorno negli Stati Uniti per l'insegnamento universitario, Fromm avverte l'esigenza di partecipare alle attività politico-sociali e il suo profondo interesse umanitario lo porta a partecipare e ad impegnarsi in diversi movimenti che hanno come fine la liberazione dell'uomo (in linea con il suo pensiero) da ogni servitù spirituale ed economica. L'esigenza di essere partecipe attivo alle vicende politiche dell'epoca, portano l'autore ad una collaborazione con Eugene McCarty nel periodo in cui quest'ultimo è candidato alle elezioni presidenziali del 1968 come esponente del partito democratico.

Fromm, divenuto un pensatore di fama internazionale, viene apprezzato in tutto il mondo e i suoi scritti vengono tradotti in molte lingue. Nel 1974 si reca in Svizzera a Muralto (Locarno, Canton Ticino), per trascorre gli ultimi anni della sua vita e dove renderà più sistematiche le sue opere.

Linee guida al pensiero di Erich Fromm
La sua concezione originale e organica dei rapporti umani apre nuove prospettive all'indagine psicoanalitica, antropologica e a quella sociologica. Fromm contribuisce con rigore scientifico a sviluppare una propria analisi psicologica e sociale grazie alla teoria del carattere, con un apporto maggiore per la teoria psicoanalitica rispetto alla clinica e alla terapia.

Alla base della sua concezione, finalizzata alla comprensione delle dinamiche del processo sociale, troviamo un'attenzione particolare anche per i processi psicologici che operano internamente all'individuo. L'importanza della dimensione sociale e dell'influenza che questa ha sulla realizzazione dell'individuo nel suo aspetto costitutivo, ovvero l'umanità, costituiscono il file rouge che attraversa tutto il suo pensiero, in riferimento sia alla vita normale della psiche che a quella patologica. Fromm, risentendo dei contributi di Sullivan e Hoerney, si muove in un contesto determinato rigorosamente, in cui per la comprensione dell'uomo, finalizzata alla cura, ritiene fondamentale la sua genesi sociale. La nevrosi può essere affrontata solo se prestiamo attenzione alle radici sociali dell'uomo senza considerarlo una monade isolata nell'universo sociale.

Il malessere sperimentato dall'uomo è dunque per Fromm il frutto del contesto sociale in cui vive. L'alienazione che l'individuo sperimenta è il frutto della sua disumanizzazione, che gli fa perdere di vista i valori che lo rendono libero.

L'apparente assuefazione a questa alienazione è in realtà denunciata dai segnali di allarme che risuonano nella nostra società che possono essere identificati nella spontaneità ridotta, dalla riduzione del piacere del vivere, dalla perdita delle capacità di donare, dalla disumanizzazione. La sicurezza che apparentemente gli uomini ostentano sottende in realtà la paura, l'insicurezza e solitudine di un vuoto esistenziale. Questi fenomeni sono in grado di generare una crisi che assume i connotati dell'irreparabilità se non si interverrà con modifiche nelle strutture sociali e di conseguenza nelle dinamiche a cui l'uomo è sottoposto. Da un sistema sociale così alienato l'individuo può proteggersi grazie ad un risanamento dell'assetto sociale in cui vive e di cui è contemporaneamente artefice e prigioniero.

La società ideale, per Fromm, è quella in cui sia possibile l'espressione spontanea dei propri sentimenti e delle proprie aspirazioni, dove il sistema di orientamento esista senza bisogno che l'uomo distorca la realtà e adori gli idoli. La crisi di identità è basata, dunque, su alienazione e reificazione dell'uomo stesso e per contrastare tutto ciò è necessaria un'assunzione di responsabilità che conduca l'individuo a porsi in una posizione attiva nei confronti dell'esistere. La conclusione è che non vi sono scappatoie psicologiche per risolvere questa crisi di identità, piuttosto diventa significativo riuscire a trasformare l'uomo alienato in colui che vive. La scelta di una dimensione autentica dell'esistere piuttosto di una inautentica.
La società in cui l'uomo ha vissuto finora ha promosso obiettivi che esulano dalle reali aspirazioni umane; pertanto questa società e il suo orientamento(1) devono mutare affinché sia recuperata quella struttura sociale in grado di adattarsi alle esigenze dell'uomo.

La posizione dell'uomo è comunque una posizione attiva, che lo vede partecipare a questa opera di liberazione, attraverso una continua ricerca interiore di armonia che è presente nel suo essere. L'uomo è in grado, attraverso il dinamismo che gli è proprio e di cui è portatore, di liberarsi dalle catene.

Fromm sostiene che "fin quando l'uomo pensa che il suo ideale è posto fuori di lui egli uscirà da se stesso e cercherà adempimento là dove non lo può trovare. Cercherà soluzioni e riposte in qualsiasi punto salvo dove potrebbe rivenirle: in se stesso" (E. Fromm, La disobbedienza ed altri saggi, p. 96).

L'Optimum(2) presente in ogni individuo spesso risente dello scarto che si presenta tra ciò che l'uomo può realizzare e quello che effettivamente realizza. "Molti uomini sprecano la loro vita nel tentativo di divenire ciò che non possono essere, dimenticando ciò che possono divenire" (E. Fromm, op.cit. p. 96). L'espressione di questa involuzione dell'uomo viene a delinearsi come forma involutiva, regressiva, un qualcosa che è contro il dinamismo della vita stessa.

Una potenziale soluzione all'esistenza regressiva e appiattita dell'uomo nella sua alienazione è trovare un'armonia progressiva (dinamismo dell'uomo) che permetta il pieno sviluppo delle forze umane, dell'umanità insita nell'individuo.

Nelle sue speculazioni Fromm, nonostante gli aspetti teoretici che caratterizzano il suo pensiero, rimane ancorato ad un solido realismo grazie ai risultati della sperimentazione della ricerca sociale. Lasciandosi guidare dalle scoperte delle scienze biologiche, egli ritiene indispensabile utilizzare questi dati per valutare sia la realtà dell'individuo che per contribuire alla costruzione di un sistema sociale saldo. Attraverso questa soluzione Fromm scopre leggi immutabili e disposizioni, le quali compenetrano la natura dell'uomo e non posso essere violate, affinché possa realizzarsi uno sviluppo che porti con sé l'armonia della realtà sociale.

Descrivendo queste disposizioni si evidenzia che la prima di queste è la libertà. La libertà si afferma attraverso l'uomo come motivo immanente ed ineliminabile dello sviluppo umano come aspetto costitutivo dell'uomo, espressione del suo essere e prodotto del processo di individuazione e di sviluppo della società. Questo dinamismo se spezzato o forzatamente omologato si esprime attraverso la deformazione della personalità dell'uomo stesso. L'uomo privato della sua libertà reagisce o con la rassegnazione al vivere come un automa, oppure si trasforma in un essere aggressivo e furioso pronto a distruggere e distruggersi. Chi si propone di edificare un sistema sociale e politico antitetico a quello esistente, non può ignorare questi aspetti che la realtà ci propone in termini certi e definitivi. Ignorare tutto ciò, condannerebbe questi potenziali sistemi ad un sicuro fallimento obbligando l'uomo ad assumere il ruolo di mero strumento e considerandolo solo un ingranaggio della vita sociale. Infatti i sistemi autoritari non eliminano le condizioni fondamentali che permettono all'uomo di aspirare alla libertà, ma ne possono estirpare l'aspirazione stessa.

Questa testimonianza del pensiero di Fromm avvalora importanza della riaffermazione del motivo insopprimibile della libertà dell'individuo e distaccandosi dalle tesi tradizionali egli introduce e afferma nuovi argomenti a favore di nuove prospettive che permettono di identificare il rapporto tra individuo e società.

Nonostante la presenza nei suoi scritti di richiami alla concezione di Marx, in realtà non accetta indiscriminatamente tutto ciò che tale pensiero può offrire e rifiuta nettamente alcune tesi. Si oppone, ad esempio, alla tesi dei rapporti umani interpretati in un'ottica materialistica. L'insegnamento che si può trarre dalla sua opera è il seguente: "la liberazione umana non può compiersi avendo per mira una realtà materialistica in cui trovino appagamento soltanto determinati bisogni umani, ma perché questa liberazione si avveri è necessario riconquistare la sfera più ampia degli autentici bisogni umani, delle sue aspirazioni che comprendono, anche, il mondo dei suoi sentimenti e dei suoi ideali" (op.cit.). Affinché si possa realizzare un mutamento radicale dell'ordine esistente non è sufficiente opporsi ai principi e sistemi che difendono le irrazionali strutture dell'organizzazione umana; infatti dobbiamo cogliere anche quegli elementi di secolarizzazione che si presentano come radicali e rivoluzionari e che in realtà sottendono e sono legati a vecchi schemi che intendono perpetuare.

È possibile imprimere un moto dinamico alle istituzioni e quindi trasformare i rapporti sociali solo ponendo l'uomo al centro della realtà sociale costituendo così un fondamento sicuro della trasformazione dei rapporti sociali. L'uomo così costituisce un principio rivoluzionario permanente in grado di modificare la staticità degli schemi sociali attraverso la necessità di adattare tutte le strutture e istituzioni che non coincidono con la sua dimensione. Rivendicando il proprio diritto alla vita e alla libertà, l'uomo attiva e innesca quella dinamicità e forza rivoluzionaria che gli permette di realizzare un sistema in cui possa esprimere tutta la sua vocazione.

In sostanza il contenuto politico di Fromm e i principi politici che pone a fondamento del socialismo umanistico sembrano sorreggere anche un sistema che si ispira ai principi della democrazia liberale.

La critica che Fromm muove verso i totalitarismi come sistemi omologanti dell'uomo, è che in questi sistemi non vi può essere progresso e quindi la dimensione dinamica costitutiva dell'uomo viene in qualche modo ad essere frenata se si prosegue attraverso il livellamento umano. Nonostante le critiche verso il sistema capitalistico, pur riconoscendo che è destinato ad un'inevitabile decadenza, Fromm ne mette in luce gli aspetti positivi relativi alla libertà che questo sistema offre all'uomo. Questo tipo di sistema non solo ha liberato l'uomo dai vincoli tradizionali ma ha contribuito all'accrescimento della libertà intesa in senso positivo, allo sviluppo cioè di una personalità attiva critica e responsabile.

Per Fromm porre capitalismo e comunismo sullo stesso piano costituisce un errore in quanto si omette la differenza fondamentale esistente tra i due sistemi, riconducibile alla possibilità di trasformazione e modifica che il capitalismo ha in sé, in quanto in esso non viene soppresso il principio di libertà e di critica, che questi due elementi costituiscono la fonte di una trasformazione sociale.

Fromm rileva che: "c'è oggi una differenza decisiva tra i due sistemi. Nel mondo occidentale c'è libertà di esprimere opinioni critiche sul mondo esistente. Nel mondo sovietico la critica e l'espressione di idee differenti sono soppresse con la forza bruta. Dunque l'Occidente porta in se stesso la possibilità di una forza pacifica verso il progresso, mentre nel mondo sovietico tali possibilità quasi non esistono"(3).

Il progresso per Fromm è possibile solo con il metodo democratico, perché crea quelle condizioni culturali, economiche e politiche in grado di promuovere lo sviluppo dell'individuo permettendo infine la continua difesa della dignità umana. "Il futuro della democrazia è affidato alla realizzazione di quell'individualismo che è stato l'obbiettivo ideologico del pensiero moderno dal Rinascimento in poi"(4).

Per Fromm l'esistenza umana è circoscritta ad una scelta tra vita e morte a cui non si può sottrarsi sia come uomo che come specie. Nella scelta la sopravvivenza costituisce la forza predominante per cui malgrado tutti pericoli e difficoltà la specie umana è sempre riuscita a spuntarla; una sorta di garanzia di tipo genetico sembra poterne essere la spiegazione, infatti in qualsiasi situazione l'uomo ha reagito e continuerà a vivere. La neurofisiologia sembra provare questo, in quanto l'uomo sviluppa nella struttura cerebrale un quid che permette la continuità della specie, ritrasmettendosi da individuo ad individuo. L'uomo è destinato a sopravvivere e così anche le istituzioni umane soggette a continue trasformazioni che riflettono la conquista di una dimensione più vasta di sé. Ogni società è figlia della fede che l'ha fatta nascere e vivere. Non esiste cioè società che non si sviluppi da una grande visione. Muore quando questa si trasforma in una grande delusione, ma il ciclo è continuo, in una sorta di autopoiesi. La grande visione era che a fondamento della società industriale vi fosse l'uomo libero e felice attraverso il dominio della natura; oggi vediamo invece i limiti che caratterizzano questa visione attraverso una libertà che ha generato l'uomo amministrativo, dove si produce per consumare, l'alienazione.

Per Fromm ancor più deludente è stato l'esperimento comunista che ha defraudato l'individuo della dignità in un sistema burocratizzato di totale alienazione dei rapporti umani. Queste grandi delusioni indicano che i tempi sono maturi perché l'uomo si riappropri del cammino che lo conduca verso una grande visione in cui è possibile investire le proprie energie spirituali.

È tempo di una trasmutazione di valori per la riconquista di una nuovo equilibrio. Liberandoci dalle visioni fittizie gli uomini possono divenire esseri viventi per i quali l'amore è il motivo di rigenerazione perenne.

Ma l'infelicità dell'uomo e il decadimento della società come istituzione fondata sull'amore e sulla solidarietà dipendono dall'omissione che l'uomo commette. Il potenziale inutilizzato dall'uomo mettono in scacco l'uomo in una dimensione improduttiva (in termini dinamici e di libertà). L'uomo però per quanto voglia non può rimanere in una situazione statica, ma è costretto, per natura, a progredire verso una realizzazione positiva e più compiuta di sé oppure regredire fino all'involuzione e alla dissoluzione della propria personalità.
Attraverso l'amore comprenderemo il segreto della continua rinascita e del risveglio, supereremo il richiamo della realtà degradante e regressiva che ci porta alla morte, avvicinandoci verso una realtà generatrice di vita.

L'originalità di Fromm sta proprio nella concezione dell'amore inteso come un'esigenza ineluttabile e che scaturisce da una necessaria motivazione interiore. Egli ha mostrato così la necessità e anche la convenienza dell'amore come l'unica risposta possibile al problema dell'esistenza in un'ottica immanente all'uomo stesso.

Fromm ebbe accesso alla scuola di Francoforte grazie alla sua formazione (era arrivato alla psicoanalisi attraverso le scienze sociali e non attraverso la medicina) e ad un insieme di elementi casuali che ne favorirono l'integrazione. L'interesse per le scienze sociali non lo distoglieva dall'esercizio della professione di psicoterapeuta. Fromm attribuiva molta importanza all'osservazione diretta dei fenomeni della psiche umana e considerava la possibilità di trovare un possibile fondamento della scienza o dei principi generali solo se si considerava la concreta realtà umana che egli era chiamato ad analizzare nei suoi più intimi significati e nelle sue espressioni emotive. Il lavoro di psicanalista aveva offerto a Fromm la possibilità di utilizzare l'osservazione critica sul comportamento umano attraverso l'esercizio della sua professione.

In questo periodo sente il richiamo alle teorie di Marx e Freud dove pensa di trovare un fecondo ambito di ricerca in cui calare le sue speculazioni e trovare risposte agli interrogativi che lo tenevano in ansia ne suo desiderio di conoscenza relativamente alle leggi che regolano l'uomo e la società.

Freud (riformatore liberale) Marx (rivoluzionario radicale) esprimevano la volontà, senza compromessi, di liberare l'uomo, e la fede affrancata dai compromessi diveniva uno strumento di liberazione, ma la premessa di questa liberazione per Fromm sta proprio nella capacità da parte dell'uomo di liberarsi dalle catene dell'Illusione.

Punti di contatto Marx/Freud secondo Fromm:
• La fede nella forza liberatrice della Verità grazie ad elementi che permettono ogni trasformazione sociale. Tale principio trova radici nella realtà.
• L'uomo si libera dall'illusione recuperando coscienza di sé e operando nel pieno delle proprie potenzialità umane. Viene recuperato l'umanesimo.
• Infine l'elemento dinamico e dialettico con cui entrambi si approcciano alla verità.

Differenze Freud/Marx:
• In relazione al concetto della natura delle forze che operano nell'inconscio. Per Freud si tratta di forze prevalentemente fisiche e biologiche. Per Marx si tratta di forze storiche che si esprimono evolutivamente nel processo di sviluppo economico-sociale dell'uomo.
• La diversa importanza attribuita al concetto di sviluppo sociale e progresso della civiltà e del problema della repressione. Per Freud lo sviluppo della società favorisce l'evoluzione sociale e la rafforza. Per Marx invece la repressione è il risultato di contraddizioni fra la necessità dell'uomo di svilupparsi totalmente e una determinata struttura sociale. La fine dello sfruttamento e dei conflitti di classe permette la realizzazione dell'umanità dell'individuo e quindi la fine della repressione.

Marx pone attenzione al fatto che l'uomo per non smarrire le sue caratteristiche umane deve mettersi in relazione con la realtà. Per Fromm l'elemento terapeutico della visione di Marx è: L'uomo è capace e bisognoso di porsi in relazione col mondo. L'uomo deve ripristinare questo suo potenziale che gli permette di ovviare alla dimensione patologica. Dispiegando le proprie potenzialità fisiche e psichiche egli vive in un contesto sociale in cui deve anche produrre. Per Fromm l'uso della psicoanalisi da parte del materialismo storico potrebbe dar vita ad un completamento di metodo e determinare una profonda conoscenza dei motivi che si manifestano nel processo sociale, determinando una miglior comprensione sociale del corso della storia. Fromm vuole introdurre nel pensiero marxista una psicanalisi ambientata dialetticamente e umanisticamente.

Fromm rimprovera a Marx di aver sottovalutato la complessità delle passioni umane e il loro ruolo nella totalità della vita umana. Infatti nella frase contenuta nel "Manifesto" di Marx(5) Fromm sostiene che c'è insito un errore psicologico, in quanto gli operai hanno da perdere anche tutte quelle soddisfazioni ai loro bisogni che sono sorte dal momento in cui hanno cominciato a portare le loro catene. Marx trascura l'aspetto morale dell'uomo, il cui profondo mutamento sarebbe essenziale nel cammino verso la rigenerazione del sé, oltre che un contributo fondamentale per il cambiamento della realtà sociale stessa.

Il secondo errore commesso da Marx è l'immediatezza con cui presuppone l'avvento di una nuova e "giusta" società, oltre ad una errata considerazione dei mezzi con cui questa trasformazione sociale si sarebbe realizzata (passaggio da una società capitalistica in cooperativistica). Mentre Fromm evidenzia come questo non sia possibile, constatato che questo sistema, adottato in alcuni paesi ,si è rivelato incapace di risolvere i problemi economici. L'errore di valutazione di Marx è di non essersi reso conto che "l'alienazione del benessere può essere altrettanto disumanizzante dell'alienazione della povertà".(6)

L'atteggiamento critico assunto nei confronti della corrente Stalinista, portò l'Unione Sovietica a proibire la lettura delle sue opere.

Con Fromm il compito della psicanalisi umanistica, grazie al contributo della sociologia e dell'antropologia, resta quello di lottare per la conquista della salute mentale. Il dispiegamento progressivo dell'amore e la consapevolezza e l'autochiarificazione della propria identità per il raggiungimento di una società civile diventano gli strumenti con cui l'uomo arriva a vivere in tale società. Una nuova teoria psicanalitica è possibile solo se comprendiamo il processo di trasformazione che si è verificato nella società contemporanea, i cui costumi, rispetto al passato, sono cambiati. Quello che Freud ha introdotto e che era stato considerato innovativo adesso è cambiato; ed è "una donchisciottesca specie di radicalismo da parte degli analisti ortodossi difendere le teorie di Freud"(7) . La radice della nevrosi attualmente sta nel Rapporto tra individuo e società, dove quest'ultima propone realtà alienanti e genera un'inquietudine frutto della difficoltà ad adattarsi ad essa, con i ritmi che impone, da parte dell'uomo. Quindi curare l'individuo come entità isolata diventa una modalità per non comprendere i suoi mali. Per Fromm è la società che deve essere analizzata per comprendere e poter trovare i rimedi efficaci per l'uomo. È stato Freud che per primo ha messo in luce l'importanza del transfert e Fromm riconosce il merito di questa scoperta. Il transfert sociale generato dallo stesso sentimento di impotenza come quello psicanalitico è uno dei più importanti fenomeni sociali. La psicologia "dell'individuo" è per Fromm "sociale". Influenzato da Sullivan, arriva alla formulazione di una psicologia dei rapporti interpersonali. Non tanto l'uomo e l'espressione delle sue frustrazioni o delle sue soddisfazioni, bensì l'uomo come essere sociale: la piena consapevolezza di quanto è stato represso è possibile solo se si trascende l'ambito individuale e se nel processo tale consapevolezza include l'analisi dell'inconscio sociale.

La concezione dell'inconscio che emerge da questo approccio risente dei contributi di Freud e Jung ma in un'ottica più sociologica. Se per Freud l'inconscio rappresenta "un sotterraneo pieno di vizi" e per Jung è piuttosto una "caverna piena di tesori di saggezza dell'uomo", come motivi originari a cui si sono sovrapposte le razionalizzazioni, per Fromm l'inconscio è l'uomo intero meno quella parte di lui che corrisponde alla sua società. "(...) Finché l'uomo resta immerso nella realtà sociale egli non può comprendere il valore che contiene in sé perché i tabù e le restrizioni socialmente condizionati gli appaiono naturali e finisce per accettare quelle distorsioni che la società determina nella natura umana (...)"(8).

È interessante anche la ricaduta in termini evolutivi della concezione di Fromm, infatti focalizzando sugli aspetti qualitativi delle dinamiche sociali, egli è in grado di mettere in luce come queste determinino la struttura di personalità dei soggetti adeguate al sistema sociale in cui essi vivono. Questa concezione deriva dalla teoria del carattere sociale considerata una delle tesi fondamentali delle teorie di Fromm. Ma questa adattabilità dell'uomo non è infinita; c'è insita nella sua natura una tendenza generale alla crescita che produce altre tendenze quali il desiderio di libertà e l'odio per la repressione. L'uomo in quanto tale è in grado di trascendere ai meccanismi istintivi e questa sua capacità lo porta a realizzare la sua condizione di libertà che rende più difficile la sua esistenza. Per Fromm c'è una profonda contraddizione nell'uomo determinata dalla dicotomia tra biologia (debolezza istintuale) e la consapevolezza di sé; il suo compito psichico è quello di sopportare l'insicurezza che sperimenta. "L'uomo libero è necessariamente insicuro, l'uomo che pensa è necessariamente incerto"(9) . L'uomo si troverà sempre di fronte alla realtà sia per stabilire un rapporto che lo liberi dall'isolamento per trovare la propria individualità e identità, sia per arrivare a all'equilibrio nello sviluppo di relazioni armoniose e durevoli con la realtà sociale in cui vive. Gli atteggiamenti che l'uomo può assumere (nei confronti di questa realtà che non è mai statica) sono due: da un lato può progredire stabilendo un rapporto positivo col mondo per la piena realizzazione delle sue facoltà, dall'altro può rinunciare alla propria identità regredendo verso una dimensione involutiva dell'esistere, I meccanismi di fuga derivano dall'insicurezza che l'individuo sperimenta in quanto prova difficoltà ad ascoltare i suoi bisogni (amore, lavoro espressione genuina di sé e delle proprie facoltà) mettendo in atto una sorta di fuga attraverso la rinuncia nel tentativo di eliminare il vuoto che si è creato tra il suo essere e il mondo. Quest'apparente soluzione all'ansia che il vuoto genera assume i connotati della rinuncia esistenziale (in termini di rinuncia dell'individualità e integrità dell'Io.)

Il primo meccanismo di fuga che Fromm analizza in questa dimensione di rinuncia è il bisogno di rinunciare all'indipendenza. In tal modo l'uomo si fonde con qualcosa che sia altro da se, illudendosi di acquisire la forza di cui è mancante. Qui la sottomissione diventa il modo di relazionarsi con l'altro.(la vita come qualcosa di irresistibilmente potente ma ingestibile). Nell'analizzare queste tendenze che generano sottomissione Fromm coglie due matrici importanti: da un lato evidenzia la tendenza masochista e dall'altro la distruttività. Per il masochismo lo scopo fondamentale è disfarsi dell'Io individuale in una dialettica tra attivo e passivo fino a perdersi, la distruttività mira invece all'eliminazione del suo oggetto - vi è radicata incapacità di sopportare l'impotenza e l'isolamento - e si manifesta con la fuga dall'intollerabile sentimento di impotenza (attraverso la rimozione degli oggetti) causato dal confronto degli oggetti con cui l'individuo è spesso chiamato a confrontarsi.

L'individuo attraverso la rinuncia alla propria integrità personale o attraverso la propria distruzione riesce a superare il sentimento di irrilevanza rispetto al potere del mondo esterno e così facendo crede di sfuggire a questa minaccia che su lui pesa. Ma vi è un altro meccanismo che deriva da questo suo panico e che genera omologazione, questo è determinato dal fatto che l'individuo cessa di essere sé stesso per adottare un atteggiamento condiviso culturalmente che lo fa divenire esattamente come gli altri. Fromm paragona quest'atteggiamento alla mimesi animale che permette agli animali stessi di confondersi con l'ambiente, e questo per l'uomo vale sia per l'aspetto sociale che psichico. Tutto questo finisce in uno pseudo Io che sostituisce l'Io originale delle attività mentali. Questi meccanismi di fuga sono descritti in modo approfondito in Fuga dalla libertà del 1941 periodo in cui Fromm si era trasferito in America e risente sia di Dewey che di Sullivan.

Nell'analisi di Fromm la rivoluzione protestante sembra introdurre il principio dissolutore perché mette in crisi definitivamente la coscienza umana inserendo in essa il dubbio sulle reali forze dell'individuo. Lutero e Calvino hanno cercato di riaffermare la fede in Dio e hanno messo in luce la misera dell'uomo che si esprime attraverso la sua insufficienza (sempre meno libero e sempre più soverchiato dalle forze che lo portano ad uno stato di decadenza). L'uomo fugge dalla libertà, perché essa significa responsabilità ed è a questi uomini che il tiranno si rivolge. Una volta spazzato via un tiranno già un altro è pronto in quanto si rivolge non a uomini liberi ma a quelli che hanno bisogno di sentirsi guidati e lo vivono come un protettore magico in grado di dissipare quelle incertezze e angosce che rendono stabile la vita dell'uomo. L'indebolimento dell'Io determinato da questa fuga dalla libertà e soprattutto dalla diserzione alla responsabilità trovano l'humus che permette al totalitarismo il suo sviluppo. Anche i desideri individuali si affievoliscono e emergono quelli che noi illusoriamente sentiamo nostri come espressione del nostro Io. L'uomo si è sottratto all'autenticità del rapporto con la realtà che lo circonda diventando parte di una macchina di cui egli stesso è stato l'artefice. Da qui il presentarsi di un'alienazione crescente. Fromm richiamandosi a Pirandello descrive un suo personaggio paragonandolo allo stato attuale dell'uomo: individuo che cerca in vano di ritrovare la propria identità; e la sua risposta non è come in Cartesio l'affermazione dell'Io ma la sua negazione: "non ho alcuna identità, non c'è alcun io tranne quel che è riflesso di quello che gli altri pretendono che io sia"(10). Questa è un'analisi interessante sul conformismo nella società di massa che mette in luce i comportamenti individuali quando l'uomo perde la scintilla dinamica della sua personalità. Un incontro di maschere e non più di individui. In questo scenario che rappresenta una realtà opaca caratterizzata sia dall'anonimo che dal collettivo l'individuo è concentrato nell'eseguire solo il ruolo che gli è stato assegnato dalla società e le sue regole. La realtà acquista un senso e un significato in base alla forza che acquista la realtà economica. Più l'individuo consuma e produce, più è utile. La repressione sociale tende a rarefare l'identità dell'uomo adattandolo e omologandolo, da ciò le forme di nevrosi che si sperimentano nella situazione odierna; per questo la terapia deve risalire non solo al singolo, ma alla realtà dell'organizzazione sociale. Il carattere dell'Homo consumer viene riscontrato nelle diverse psicopatologie (depresse, ansiose, bulimiche, alcoliste ecc.) per compensare alla depressione e ansia nascoste. L'avidità consumistica (forma estrema di ciò che Freud definiva carattere orale o ricettivo) diventa la forza psichica dell'attuale società industrializzata.

L'Homo consumer vive nell'illusione della felicità ma a livello inconscio soffre della sua passività. Da qui il senso di alienazione per non essere in grado di instaurare un rapporto autentico con la realtà sociale. "Paura, solitudine, timore di sentimenti profondi, mancanza di gioia sono i sintomi di una morte interiore che è la malattia del secolo"(11).

A differenza di Marcuse che cogliere nella "società della non repressione" una sorta di paradiso utopico, in cui ogni lavoro sia gioco e dove non esistono conflitti e tragedie reali, Fromm crede in un risveglio della ragione attraverso una conversione silenziosa, una religiosità interiore. Attraverso un ritorno in noi stessi possiamo arrivare ad una resurrezione morale dell'uomo. Perché la verità è dentro ciascuno di noi, non nella realtà esterna, la quale ne riesce a dare solo illusione.

Per Fromm essere significa riuscire affermare contro ogni tentazione materialistica la piena espressione di sé da un punto di vista spirituale che qualifica tutta l'esistenza umana. Essere significa amare. Quest'ultimo è il "movente" universale che può tramutare l'individuo inerte e alienato in un essere dinamico in grado di esprimere il proprio potenziale e capace di ogni trasformazione umana. Trascendere la ristrettezza dell'ego, dell'avidità e dell'egoismo diventa i modo attraverso il quale l'uomo raggiunge il pieno sviluppo (arrivando alla separazione dal prossimo e infine alla solitudine, elemento fondamentale). Affinchè questo possa avvenire bisogna liberarsi dalla coscienza autoritaria a favore di una umanistica. Infatti la coscienza autoritaria è una coscienza interiorizzata, mentre quella umanistica è in ciascuno di noi indipendentemente dalle ricompense esteriori; per ricomporre le fila del rapporto sociale dobbiamo cercare in noi e in quella voce interiore che ci unisce agli altri (senza bisogno di sottomissione) l'adesione libera e spontanea. La realizzazione dei propri desideri e la presenza di una morale autentica permettono la realizzazione dell'uomo.

Con il concetto di carattere sociale Fromm mette in luce il ruolo della psicologia e dell'economia nel rapporto uomo società che si esprime attraverso una realtà dinamica e quindi evolutiva che è l'espressione di un carattere interattivo continuo. Per Fromm la dimensione omologante della realtà economico-sociale è comunque limitata dalla capacità dell'uomo di non essere infinitamente adattabile e proprio questo aspetto diventa la forza di liberazione dell'uomo dalla macchina sociale che lui stesso ha ideato. Il bene e il male sono due dimensioni costitutive dell'uomo. Anche la malvagità è una dimensione umana e costituisce il tentativo di trascendere il regno dell'umano, poiché l'uomo non può diventare animale così come non può diventare Dio. "Il male è la perdita dell'uomo da parte di se stesso nel tentativo di sfuggire alla sua umanità."(12) . Questa inclinazione passiva può essere superata attraverso quella attiva , una vita dinamica che esprima una profonda umanità in cui si arriva ad una pace interiore e alla realizzazione di un'armonia sociale. Così come il bene e il male devono essere visti in un rapporto dinamico anche il passaggio da società matriarcale a patriarcale sono espressione di questo dinamismo che porta ad un passaggio evolutivo espressione di civilizzazione. È la rigidità dell'attuazione di una di queste dimensioni suddette in cui si ha la negazione di una delle due che per Fromm si verifica il rinnegamento dello sviluppo della comunità umana.

In base ad un'analisi sulle figure genitoriali (madre = amore incondizionato, padre = amore condizionato- pensiero logico) egli sviluppa i caratteri dominanti a seconda se l'individuo è patricentrico o matricentrico:

• individuo con carattere patricentrico: rigido super-Io, senso di colpa amor docile per l'autorità paterna, accettazione della sofferenza come punizione per le proprie colpe.
• individuo matricentrico: minor senso di colpa, fiducia nell'amore incondizionato della madre, super-Io più debole, maggior capacità di felicità e di piacere.

Nella spiegazione di questi due tipi l'autore evidenzia che sono descritti approfonditamente in "la crisi della psicanalisi".

Recuperando la visione di Freud del rapporto madre-bambino Fromm lo sottopone ad un riesame critico tenendo conto che le concezioni freudiane erano culturalmente condizionate dalla disparita dei 2 ruoli (uomo/donna) e che diventa importante per raggiungere una certa concezione la visione della loro parità, ma che soprattutto Freud aveva ridotto questo rapporto (madre/figlio) alla stregua di un'attrazione sessuale.

Fromm riconosce a Freud il merito di aver scoperto in tale relazione un aspetto importante cioè l'attaccamento, ma l'ha deformata con la sessualità, "oscurando che il desiderio per la madre sia una delle più profonde emozioni che ha radice nell'esistenza stessa dell'uomo."(13)

Per Fromm Freud ha trascurato la trilogia di Sofocle soffermando solo alla prima (Edipo Re) e questo l'ha portato a trascurare la visione d'insieme e l'assunto fondamentale a cui la trilogia tende, ovvero la contrapposizione dell'animo tra matriarcale e patriarcale. Per Fromm questo deve essere interpretato non come amore incestuoso, bensì come ribellione del figlio nei confronti del padre; in quest'ottica per Fromm si coglie quello che è l'essenza del simbolo e nella conclusione si arriva, almeno nell'Edipo re, alla vittoria del matriarcato.
In tutto l'opera di Fromm si promuove un umanesimo i cui obiettivi sono di porre l'uomo al di sopra delle cose, dell'essere al posto dell'avere, l'indipendenza al posto della libertà fittizia ecc., in quanto l'uomo non è una macchina ma un principio spirituale.

Recuperare la dignità come obiettivo primo di ogni mutamento: l'affermarsi della libertà diventa la possibilità di riscossa dei valori. La rinascita di un nuovo umanesimo può permettere all'Occidente la massima evoluzione dell'uomo, altrimenti concentrandosi sulla produzione l'Occidente è destinato a decadere come già è accaduto in altre civiltà.

NOTE:
1. L'orientamento volto a sviluppare l'organizzazione basata su un modello consumistico autopoietico sacrifica le autentiche aspirazioni umane, costringendo l'uomo ad accettare un nuovo modello di vita non proprio.
2. Per Fromm L'optimum rappresenta ciò che l'uomo può divenire. L'aspetto dinamico della trasformazione costituisce l'elemento catartico di liberazione finalizzato a far progredire l'uomo verso il pieno sviluppo di tutte le sue potenzialità intese come forze umane dentro di noi. Dimenticare questa dimensione dinamica, aliena l'uomo favorendo quella crisi di identità che lo costringe o ad esprimere il proprio orientamento produttivo nell'accrescimento del proprio io o a lasciarsi trascinare da una passione distruttiva.
3. E. Fromm, Psicanalisi della società contemporanea, Ed. Comunità, Milano 1968, p. 343 e seg.
4. E. Fromm, Fuga dalla libertà, Ed. Comunità, Milano 1980, p. 232.
5. Nel "Manifesto" del partito comunista, Marx sostiene la famosa affermazione in cui gli operai non hanno nulla da perdere se non le loro catene.
6. E., Fromm, L'Umanesimo socialista, Rizzoli, Milano, 1976, p. 7.
7. Cusimano, Luban-Plozza, Erich Fromm, op. cit. p. 21.
8. Cusimano, Luban-Plozza, Erich Fromm, op. cit. p. 24.
9. E. Fromm, Psicanalisi della società contemporanea, edizione di Comunità, Milano, 1980, p. 128. Titolo originale: The same Society, Rinehart company, Inc., NY, 1955.
10. F.A.Cusmtano, B. Luban-Plozza, Erich Fromm, cit. pag. 36.<
11. Ibidem, p.38.
12. E. Fromm, Anatomia della distruttività umana, New York, 1973.
13. E. Fromm, limiti e pensieri di Freud, cit. p. 49.